La Merkel segue, come l’intendenza napoleonica

by Sergio Segio | 24 Luglio 2011 6:46

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Lungi dallo svolgere un ruolo guida nella ricerca di soluzioni alla crisi dei paesi più deboli dell’euro, Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e ora anche l’Italia, Merkel ha frenato, messo qualche paletto, inserito clausole restrittive. Sul nodo principale – se l’Europa possa svilupparsi in direzione unitaria, o se debba restare federazione di stati sovrani dove ognuno pensa ai debiti suoi senza stare a scocciare i paesi più ricchi – la cancelliera, partita da una posizione rigidamente «sovranista», ha dovuto adeguarsi.
Il trend «unitarista» prevale in forza di una constatazione fattuale: ogni attacco a un paese dell’euro mette sotto scacco la moneta comune. Quanto a moneta gli europei stanno sulla stessa barca. Il che non significa che siano tutti uguali: come nelle vecchie galere, c’è chi rema, e chi comanda sopra al ponte. Ma questo è un altro discorso.
La linea la danno la commissione di Bruxelles, la Banca centrale europea, la Francia. La Germania segue, come l’intendenza seguiva le armate di Napoleone. Così è andata anche al vertice del 21 luglio, che ha varato un secondo pacchetto di 109 miliardi per la Grecia.
La principale novità  è che il fondo europeo per la stabilità  finanziaria (Efsf, European Financial Stability Facility) potrà  acquistare obbligazioni dei paesi in crisi dalle banche e dalle assicurazioni che li detengono (come gìa fa la Bce). Inoltre l’Efsf sostituirà  con titoli da lui garantiti quelli greci, via via che gli saranno consegnati dalle banche che accetteranno i programmi di ristrutturazione del debito. Così la Ue si accolla parte del debito greco. E il fronte dei «sovranisti» (dal nazional-egoismo della Bild Zeitung, che lascerebbe volentieri andare in malora la Grecia, alle paludate tirate della Frankfurter Allgemeine sull’irresponsabilità  degli stati virtuosi per colpa di quelli viziosi) piange perché vede affacciarsi il temutissimo spettro dell «Unione dei trasferimenti» (Transferunion). Che fine ha fatto l’articolo 125 del trattato dell’Unione, la clausola del «no-bailout», con cui gli stati membri declinano ogni corresponsabilità  per le obbligazioni assunte dagli altri? È, fortunatamente, carta straccia. Ma ciò fa infuriare la pattuglia di circa 25 deputati ultrasovranisti, sparsi tra liberali e democristiani, soprattutto nella Csu bavarese. Uno di loro è Alexander Dobrindt, segretario della Csu, che di Europa ne ha già  abbastanza: «Quando il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, si augura “più Europa”, pensa a meno Germania e meno Baviera».
Dal suo provincialissimo punto di vista, non ha tutti i torti. Già  adesso la Bundesbank conta come il due di briscola, almeno come apparato ideologico, (anche se temo che non se ne convincerà  il mio carissimo amico Marco d’Eramo che il 13 maggio ha scritto un fulminante attacco contro «L’armata Bundesbank»: «Là  dove 70 anni fa la possente Wehrmacht aveva fallito è riuscita oggi la discreta Bundesbank»).
L’ex presidente della Bundesbank, dopo aver invano contrastato la scelta della Bce di acquistare titoli degli stati in crisi, ha dovuto dimettersi e rinunciare alla candidatura alla guida della Bce medesima. Dal 2012 passerà  a occuparsi di franchi svizzeri, per la Banca Usb. Del suo successore, Jens Weidmann, non si è accorto nessuno.

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