La lotta è la stessa: costruire egemonia per cambiare rotta

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Stato e interessi forti, alleati nella tenaglia del potere che da secoli opprime i beni comuni, non potevano rimanere a guardare lo sgretolarsi della loro base ideologica e dieci anni dopo Genova hanno rispolverato lo stesso metodo criminale.
Quello passato è stato un fine settimana pieno d’impegni per il fronte dei beni comuni, chiamato a programmare un dopo-referendum che già  non sembrava per nulla facile e che, dopo i gravissimi fatti di Chiomonte, appare decisivo. Un primo impegno, di cui sono politicamente e costituzionalmente responsabili anzitutto i Comitati referendari, è quello di dare piena attuazione alla volontà  popolare che si è espressa nel voto a favore dell’acqua bene comune e contro il nucleare. Sono passate ormai tre settimane dal voto e i temi referendari sono usciti dall’ordine del giorno. Dobbiamo riportarceli con tutte le armi del diritto e della politica e i referendari si sono riuniti a Roma (nel solito silenzio mediatico) proprio a questo scopo. Bisogna far riconoscere il fatto che l’irrompere maggioritario dei «beni comuni» sulla scena politica obbliga l’immediata «inversione di rotta» in un rapporto fra pubblico e privato che perfino la Corte Costituzionale, nelle sentenze di ammissione del Referendum, ha riconosciuto essere squilibrato a favore di quest’ultimo. Ciò comporta l’ immediata messa in discussione della proposta di riforma della proprietà  pubblica prodotta dalla Commissione Rodotà  che contiene una definizione e una disciplina dei beni comuni coerente con la volontà  popolare.
Un altro grande impegno per i beni comuni deve concentrarsi in Val di Susa intorno alla vicenda TAV. Mai in Italia contro un’opera pubblica inutile e dannosa erano scese in piazza cinquantamila persone. Un fatto politico, mutatis mutandis, tanto significativo quanto il successo referendario. La violenza bestiale scatenatasi per «difendere» un cantiere, che è ormai un luogo simbolico di conflitto, dimostra che abbiamo colto nel segno parlando di un cambio di egemonia. La battaglia culturale è vinta quando lo Stato cerca di privatizzare negando di volerlo fare (come nella battaglia sull’acqua) e quando usa una violenza cercando di convincere la pubblica opinione di esser vittima di violenza.
La battaglia contro la TAV non è minoritaria e non è condotta da pochi facinorosi irriducibili, così come quella per l’acqua bene comune non era condotta da pochi taleban. Non solo la critica di buon senso alle grandi opere inutili e dannose vittoriosa nel referendum antinucleare, è la stessa, documentatissima, che i NO TAV valsusini cercano di utilizzare contro il traforo. Non solo abbandonare la TAV (come ha fatto il Portogallo proprio in questi giorni) significa muovere passi verso una dimensione più lenta e qualitativamente attenta della nostra vita insieme, rendendo prioritaria la microcura del territorio e la visione ecologica dell’esperienza umana. Soprattutto l’ immagine della vecchietta con in mano il crocifisso che piange di fronte alla brutale presenza dei carabinieri in tenuta antisommossa che devastano quel mirabile esempio di società  dei beni comuni che era la Libera Repubblica della Maddalena mostra senza dubbio che lo scontro in atto è quello fra una maggioranza di persone di buon senso e pochi potenti disposti perfino a torturare i giovani che cercano di riprendersi, insieme alla Maddalena, anche il futuro di cui son stati depredati.
Questa maggioranza di persone di buon senso, preoccupate davvero per il futuro proprio e per quello dei propri figli e non per il rating di Moody’s o per una manciata di milioni provenienti da Bruxelles, è quella che ha vinto i referendum su acqua e nucleare. Un nostro compito essenziale è oggi quello di diffondere nel paese questa consapevolezza. La violenza contro il movimento NO TAV è violenza contro la maggioranza del popolo sovrano che vuole «invertire la rotta» rispetto a un modello di sviluppo vecchio e scellerato fondato su privatizzazioni e grandi opere. I beni comuni ci hanno consegnato un linguaggio nuovo, capace di ridurre a unità  battaglie fra loro diverse e portarle avanti tutte verso una vera trasformazione politica. Roma e Chiomonte sono oggi per mano.


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