by Sergio Segio | 13 Luglio 2011 8:01
ROMA – Scottano i casi di Alfonso Papa e Marco Milanese, i due deputati Pdl su cui pende una richiesta d’arresto della procura di Napoli. La Lega, fin dove può senza azzoppare la maggioranza, cerca di smarcarsi. Così, giusto alla vigilia del voto su Papa nella giunta per le autorizzazioni, il leghista Luca Rodolfo Paolini, designato relatore dal presidente Pierluigi Castagnetti su Milanese, molla l’incarico con una lettera di dimissioni per tenersi le mani libere. Ne dice in chiaro anche il motivo: «Con il Pdl non ho parlato. Ma è meglio che la difesa di Milanese se la facciano loro». E proprio su uno del Pdl, il trevigiano Fabio Gava, finisce l’incombenza.
Ma come voteranno, a partire da stamattina, i deputati del Carroccio su Papa? La strategia è mantenere la suspense fino all’ultimo momento utile. Umberto Bossi, fino a una settimana fa propenso all’arresto, adesso frena. «Devo sentire i miei» dice alla Camera. E il capogruppo Marco Reguzzoni, subito dopo il passo indietro di Paolini, teorizza la libertà di voto, visto che la pronuncia sulle richieste di arresto «non fa parte del programma della maggioranza». Mentre per Milanese, dalla procura di Napoli, oltre all’arresto, giungono le richieste di aprire le sue cinque cassette di sicurezza e di acquisire i tabulati telefonici dal gennaio 2010 al maggio 2011, Reguzzoni mette in chiaro che «la Lega voterà a favore di tutte le richieste di acquisire documenti o autorizzazioni utili alle indagini, perché siamo per la trasparenza assoluta».
Quanto all’arresto tutto è rinviato all’ultimo momento, a quello che avverrà non in giunta ma in aula. Tant’è che proprio Paolini sminuisce il voto della giunta («È tecnico e non vincolante») e battezza come «sovrano» il parere dato alla fine in aula. Lì, se lo chiede un gruppo di deputati, il voto può essere segreto e può accadere di tutto. Anche che scatti il sì all’arresto. L’impressione però è che la Lega, pur alzando al massimo il prezzo del suo voto con il Pdl e cercando allo stesso tempo di salvare la faccia con i suoi elettori per non dare l’idea di proteggere la casta, alla fine non darà il via libera alle manette.
La prima verifica c’è stamane quando la giunta è chiamata a chiudere il caso Papa. La capogruppo del Pd Marilena Samperi taglia corto: «Non si può ostacolare il corso della giustizia, ci sono gli elementi per votare». L’ex pm è disponibile a farsi sentire ancora per esporre le sue ragioni. Quelle che ieri sintetizzava così: «Io non ho fatto nulla, ho carte e riascontri per spiegare come quella di Napoli sia una montatura, posso replicare nel merito a ogni singola accusa». Nel Pdl, ancora ieri sera in una riunione dei deputati che fanno parte della giunta, s’è scontrata la linea di chi vorrebbe acquisire altre carte e prendere tempo e chi vuole chiudere. Il capogruppo Maurizio Paniz ha tagliato corto con un “adesso si vota”. E ha parlato con i leghisti per convincerli che su papa esiste un fumus persecutionis. Se il Carroccio si allinea con Pdl l’esito è scontato e la partita si chiude 11 a 10. In aula si andrà entro la fine del mese. Milanese finirà a settembre anche per la giunta, come per le intercettazioni chieste dall’Aquila per Denis Verdini su cui toccherà a un altro collega di Pdl, Enrico Costa, fare da relatore.
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