La Lega scarica Papa. E Papi

Loading

 Seduto al centro del banco del governo, Silvio Berlusconi batte un pugno sul tavolo, condensa l’ira in una smorfia del volto e resta per un lungo minuto impietrito e livido mentre l’aula in silenzio si svuota e solo Renato Farina va abbracciare Alfonso Papa. I ministri si ritrovano davanti alla sala del governo e arrivando cercano gli sguardi dei colleghi con aria interrogativa e stordita, mentre Denis Verdini cerca di spiegare a chi gli sta intorno cosa è successo, perché l’ottimismo sfoggiato poco prima dal Cavaliere sia stato smentito dai fatti.

L’aula di Montecitorio, senza esultanza da parte di nessuno, ha appena votato sì all’arresto del deputato pidiellino e magistrato in aspettativa sospeso dal Csm, per il quale i pm di Napoli Woodcock e Curcio hanno chiesto la custodia cautelare in carcere con l’accusa di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento, nell’ambito dell’inchiesta P4. I sì al carcere per assenza di fumus persecutionis sono 319, i no 293. Il voto segreto non basta a salvare Papa, perché il grosso dei deputati della Lega vota con l’opposizione, compatta. In Transatlantico Massimo D’Alema conta una trentina di maroniani che hanno confermato la dichiarazione di voto pubblica del Carroccio, per l’arresto. Ma anche il capogruppo bossiano Marco Reguzzoni fornisce la prova fotografica del suo via libera alla procura: la mano infilata nella fessura tutta spostata verso il pulsante del sì. E con Reguzzoni che tira fuori il telefonino con la foto davanti ai giornalisti, dopo i primi minuti di spaesamento precipita tutta la tensione accumulata nel corso della giornata.
Proprio la Lega ha tutti gli occhi puntati addosso, quelli dei berlusconiani e quelli dell’opposizione. Il Pd a fine mattinata aveva accusato il Carroccio di uno scambio con il Pdl, il rinvio in commissione del decreto sui rifiuti per ottenere, con il voto segreto, la salvezza di Alfonso Papa: «Un’ipocrisia che i padani non dimenticheranno», aveva alzato la voce in aula il capogruppo Dario Franceschini. Lo spettro di una piazza pronta a lanciare monetine viene agitato o temuto un po’ da tutti, nel corso di un pomeriggio in cui – oltre alla necessità  o meno di procedere allo scrutinio segreto, con diversi interventi in proposito – si discute di garantismo e impunità , di antipolitica e giustizialismo da una parte e di casta che non può continuare a proteggersi dall’altra, quella dell’opposizione, che deve far dimenticare lo spirito «bipartisan» che ha portato all’approvazione in tempi record della pensantissima manovra.
Sulla Lega invece dopo il voto si indirizza la rabbia del Pdl. Quella del premier – che convoca subito un vertice a palazzo Grazioli – si riversa in un primo momento soprattutto su Pier Ferdinando Casini, sui radicali, compreso il finiano Benedetto della Vedova, garantisti che per buttarlo giù sono ora pronti a «sacrificare un individuo». In pubblico si sfoga Fabrizio Cicchitto: «Il parlamento ha scritto una delle pagine più brutte della sua storia, è un voto liberticida. La responsabilità  che Pd e Udc si sono caricati è pesantissima», tuona il capogruppo del Pdl evitando di prendere di mira la Lega. Sul Carroccio, in privato il premier annuncia che «venerdì ne parlerò con Bossi in consiglio dei ministri, mi aveva dato garanzie, mi deve delle spiegazioni».
Alla camera Bossi non si presenta proprio, un’assenza che i suoi minimizzando ma che certifica l’impossibilità , per il senatur, di continuare a tenere la barra del suo partito e di garantire quell’alleanza che che andrà  fragorosamente in pezzi a sera con il voto dell’aula. Il Cavaliere spera ancora che sia sia trattato solo di una resa dei conti tra padani, di una prova di forza di Roberto Maroni a uso interno (e vinta in quello che, ritiene il presidente del consiglio, è stato praticamente un congresso) che non necessariamente si tradurrà  in una rottura. Ma già  Roberto Castelli annuncia il no al rifinanziamento delle missioni militari e ci sono leghisti a briglia sciolta: «Quella su Papa è una decisione giusta, è quello che vogliono i cittadini, Berlusconi ne esce ridimensionato, dopo il federalismo lo buttiamo a mare, è l’inizio di una nuova politica», si lancia il sindaco di Treviso e segretario veneto della Lega Gian Paolo Gobbo.
Ai più, nel Pdl, manca il terreno sotto i piedi, il crollo sembra imminente e si rimugina anche sul presunto «inciucio», si dipinge un Maroni – praticamente l’unico esponente della maggioranza a sfoggiare sorrisi in Transatlantico perché «la Lega è stata coerente» – pronto al governo tecnico col Pd.
In attesa del chiarimento, in Transatlantico si sfiora intanto la rissa tra il deputato casertano del Pdl Vincenzo D’Anna e Angelo Cera dell’Udc: «Nelle carte di Bisignani c’è anche il nome di Cesa, voglio vedere quando chiederanno l’arresto di Cesa come voterete», tuona il primo riferendosi al segretario dell’Udc. Il centrista parte all’indirizzo di D’Anna, i due si strattonano, intervengono i commessi e arriva Casini a portarsi via Cera.
Per Alfonso Papa si aprono le porte del carcere. Il deputato, in aula, aveva cercato di rinviare il più possibile il momento per lui più drammatico, con un lungo intervento con voce tremante, il racconto dei figli ai quali aveva dovuto comunicare che probabilmente non sarebbe potuto tornare a casa per il fine settimana, e l’insistenza sulla «verità  che verrà  a galla». Ieri sera l’ex magistrato, dichiaratosi «prigioniero politico», stava decidendo dove andarsi a costituire, forse a Orvieto.L’ira del premier. Prima del voto Silvio Berlusconi si era detto ottimista di riuscire «a fermare le manette per evitare un ritorno al ’92». Ma l’esito della votazione su Papa gli ha provocato una reazione violenta. al punto di fargli sbattere un pugno sul banco del governo. «E’ una follia, pur di colpire me rinnegano princìpi che dovrebbero difendere», ha detto. Per poi prendesela con la Lega: «Venerdì in Consiglio dei ministri parlerò con Bossi di quello che è accaduto».
OCCHI PUNTATI SULLA LEGA I deputati del Carroccio nel mirino per il voto su Papa. Almeno la metà  dei deputati di Bossi ha infatti votato a favore dell’arresto. Nei giorni scorsi del resto sia Roberto Maroni che gli uomini a lui più vicini avevano detto che non avrebbero salvato il deputato del Pdl. E ieri il ministro degli Interni ha rivendicato la scelta: «Siamo stati coerenti», ha detto commentando l’esito del voto.


Related Articles

Papa, il Riesame conferma il carcere il pm Lepore: accuse su basi serie

Loading

Il deputato è depresso. In cella ha saputo che la moglie è indagata.  Cadute due ipotesi di concussione. Nuovo tentativo dei legali di far valere un vizio di notifica

Formigoni arriva al capolinea “Maroni candidato? Non può”

Loading

Il governatore divide il Pdl. L’ex ministro: non decidi tu La Lombardia   

I radicali italiani di Emma Bonino si affidano a Tabacci

Loading

Verso le elezioni. Il democristiano, titolare di un diritto all’esenzione dalle firme per il suo “Centro democratico”, firmerà le liste di Emma Bonino

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment