by Sergio Segio | 26 Luglio 2011 8:03
ROMA – Un sì al rifinanziamento delle missioni ma condizionato a una precisa exit strategy. È l’ultimatum della Lega al governo. Per senso di responsabilità , perché – spiegano i lumbà rd alla vigilia del voto oggi al Senato – non è il momento di aprire una crisi, e quindi «con rabbia», daranno il loro via libera al decreto. A spiegare i termini politici della questione è il ministro leghista Roberto Calderoli. Dolore e cordoglio, dice, per il nuovo lutto per la morte di David Tobini in Afghanistan, ma soprattutto «tanta rabbia per una missione che non condivido e non comprendo». Però in definitiva, il sì arriverà da tutto il gruppo del Carroccio per consentire al governo di andare avanti. Contro rimane il viceministro, ex Guardasigilli, Roberto Castelli. Afferma Castelli che la sua è una posizione personale, e se gli venisse contestata da Bossi o da Berlusconi sarebbe anche disposto a lasciare il governo. Tuttavia oggi ha deciso per una via di mezzo: non parteciperà al voto. Ieri sera riunione leghista nell’ufficio di Giancarlo Giorgetti.
I malumori leghisti quindi non si placano (si smarca anche Stefani: «Tutto ciò a che serve? I nostri ragazzi sono troppo esposti»), e del resto il fronte del dissenso si allarga: i dipietristi confermano il no, il Pd non dà per scontato il suo sì se non saranno ripristinati i 16 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo. I Democratici affermano che diventerebbe difficile tenere tutto il gruppo sulla linea dell’approvazione bipartisan, se quei fondi – prima tolti, poi ripristinati, e infine di nuovo spariti – non ricompaiono entro stamani. Giorgio Tonini, capogruppo pd in commissione Esteri, ritiene che «le risorse a favore della cooperazione civile sono importanti anche per dare credibilità alla presenza dei nostri militari in Afghanistan». E il gruppetto di pacifisti democratici (Marino, Vita, Della Seta, Ferrante, Amati, Nerozzi, Granaiola, Di Giovanpaolo) sono già sulle barricate. Marino annuncia: «Non voterò il rifinanziamento; parliamo in aula della sostanza, cioè della guerra in cui siamo coinvolti e della necessità del ritiro».
Vigila sulle responsabilità internazionali dell’Italia, il presidente della Repubblica, Napolitano. Il capo dello Stato esprime per primo ieri «la profonda commozione e il cordoglio» per la morte di Tobini e la «gratitudine del paese ai nostri militari». Cordoglio dei presidenti Schifani e Fini e di tutte le forze politiche. Emma Bonino, vice presidente del Senato e leader dei Radicali, invita a non strumentalizzare: «L’uccisione del caporal maggiore Tobini è una tragedia che rischia di essere strumentalizzata dalle polemiche interne alla politica italiana, si veda la Lega, mentre il dibattito in Senato andrebbe utilizzato per discutere degli sbocchi possibili della situazione in Afghanistan». Berlusconi comunque non dubita che a Palazzo Madama oggi tutto filerà liscio, e rinnova «la gratitudine del governo ai militari impegnati nelle operazioni di pace contro il terrorismo». Il responsabile della Farnesina, Frattini sollecita «un voto coeso e rapido dopo la tragedia». Al ministro della Difesa, La Russa è stato chiesto dal Pd di riferire in Parlamento. Di Pietro è irremovibile sul “no”: «In Libia e in Afghanistan stiamo facendo una guerra e questo è contrario alla Costituzione». «Chiudere con il pantano militare afgano», è il pressing di Vendola, il leader di Sel. Appello alla Lega di Ferrero (Prc) perché voti “no”. Bonelli (Verdi): «È ora di farla finita»; Diliberto: «Un altro morto in una sporca e inutile guerra».
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