La gauche in cerca d’autore sfida tra gli “orfani” di Dsk

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PARIGI. Il sindaco di Lille, il presidente del consiglio generale della Corrèze e la presidente della regione Poitou-Charentes hanno oggi un dovere comune: in forme diverse, parteciperanno alle cerimonie del 14 luglio, l’unica festa in cui la Francia si riconosce senza remore. Martine Aubry, Franà§ois Hollande e Ségolène Royal avranno però ben altro in testa che i balli e i fuochi d’artificio di questa giornata di allegria collettiva: da oggi i tre, insieme a qualche candidato minore, sono ufficialmente in campagna per le primarie socialiste. Una estenuante battaglia su cui si proietta la cupa ombra di Dominique Strauss-Kahn, l’ex favorito dei sondaggi. Le speranze di gloria dell’ex direttore dell’Fmi sono state annientate nella suite 2806 del Sofitel di New York e spetta adesso ai tre comprimari darsi la statura necessaria per convincere i militanti socialisti e poi sfidare Nicolas Sarkozy.
Martine, Franà§ois, Ségolène ovvero tre ambizioni che si distinguono più per la personalità  che per le proposte politiche. Certo, la Aubry è più a sinistra, gli altri due più vicini al centro. Ma tutti e tre sono consapevoli che il 9 e il 16 ottobre, quando gli elettori della gauche saranno chiamati a scegliere, la loro scheda premierà  un’immagine e non un programma politico.
I tre non si amano. La Aubry ha sempre avuto scarsa stima del suo predecessore alla guida del Ps, considerato troppo ecumenico; Hollande, dal canto suo, l’ha sempre tenuta a distanza. La Royal ha ampie ragioni di avercela con entrambi: la Aubry l’ha sempre disprezzata e nell’autunno del 2008 le ha soffiato la guida del partito per una manciata di voti e con un sospetto di brogli; Hollande è il suo ex compagno, il padre dei suoi quattro figli, l’uomo che l’ha tradita per una giovane giornalista e che ha fatto ben poco per sostenerla alle presidenziali 2007. Ce n’è abbastanza per alimentare i dissapori, anche se i tre promettono una campagna senza colpi bassi e un ricompattamento alla fine delle primarie.
L’esercizio è difficile. Per la prima volta, non saranno soltanto i militanti socialisti a votare, ma tutti gli elettori che s’impegneranno a votare a sinistra. E i rischi sono numerosi, malgrado le dichiarazioni di buona volontà . Non si tratta infatti di primarie di conferma, come furono in Italia per Prodi e Veltroni e come sarebbero state probabilmente per Strauss-Kahn. Si tratta di una battaglia incerta, la cui posta in gioco è, dopo la candidatura socialista, la conquista dell’Eliseo, un obiettivo che fa spesso perdere la testa ai politici francesi, tanto è il potere concentrato nelle mani del presidente.
I favoriti dei sondaggi e i probabili protagonisti del ballottaggio del 16 ottobre sono la Aubry e Hollande. La prima ha molti handicap da superare. Nessuno mette in dubbio la sua grande esperienza governativa, la sua finezza intellettuale, le sue competenze. Ma è oggettivamente una soluzione di ricambio: la Aubry non si sarebbe presentata se Strauss-Kahn non fosse finito in manette, la sua candidatura è più un dovere che altro, la sua rigidità , il suo scarso amore per i media, le sue critiche a Facebook e Twitter le cuciono addosso un’immagine di donna politica vecchio stampo. Critiche che i suoi ribaltano presentandola come la Merkel di sinistra: poco sex-appeal e molte capacità  di governo.
Hollande è invece un pesce nell’acqua quando ha a che fare con i giornalisti. I dieci anni alla guida del Ps ne hanno reso celebre l’humour, la capacità  a sottrarsi alle situazioni più complesse con una battuta felice, il fiuto politico. Quando Strauss-Kahn fu fotografato a bordo di una Porsche, lui ricordò che viaggia in scooter, sbandierando la sua volontà  di essere e di restare un uomo «normale». È la sua forza e il suo tallone di Achille: normale, pulito, onesto, sono aggettivi che calzano alla perfezione, ma non è mai stato al governo e ciò rischia di zavorrare le sue ambizioni.
Resta la Royal, reginetta dei sondaggi nel 2006-2007, oggi apparentemente disdegnata dall’opinione pubblica. Cinque anni fa aveva portato un vento di freschezza nel mondo politico, mentre adesso dà  un’impressione di déjà  vu. La sua baldanza, il suo sentirsi investita da una missione, la sua giovanile bellezza le avevano permesso di conquistare il cuore dei militanti e di sbaragliare l’apparato socialista. Ma quegli ingredienti non bastano più, con il passare del tempo la novità  si è diluita, anche se resta la sua qualità  primordiale: la capacità  di battersi sempre, senza rinunciare mai ai propri obiettivi. E in ogni caso, se le andrà  male, sarà  lei il jolly del ballottaggio, quella che dovrà  scegliere a chi dare la vittoria tra la rivale di sempre e il padre dei suoi figli: essere l’outsider può essere la sua vera forza.


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