Kosovo, ritorna la tensione i serbi incendiano la frontiera

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DALLA – guerra vera del ’99 a quella doganale di oggi. Tra serbi e albanesi nel nord Kosovo la pace continua a essere una chimera. Ieri infatti un centinaio di giovani serbi della zona di Mitrovica hanno dato alle fiamme il posto di frontiera di Jarinie al confine con la Serbia. Un gesto, una provocazione bella e buona che ha fatto risalire a livelli altissimi la tensione tra Pristina e Belgrado. Hanno agito a volto coperto prima incendiando con un fitto lancio di Molotov e successivamente radendo al suolo con un bulldozer la bassa costruzione che ospitava 25 tra doganieri e poliziotti, tra i quali c’erano anche agenti della missione europea Eulex, costretti a fuggire e trovare riparo oltre confine. Hanno provato anche a muovere all’assalto del distaccamento della Nato, che si trova poco distante, ma i soldati della Kfor sono riusciti a respingerli sparando in aria. Una bella grana dunque per il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che su richiesta di Belgrado, si riunisce proprio oggi per discutere del caso che potrebbe portare anche al reciproco boicottaggio delle merci.
Il rappresentante Onu per la Serbia, Milan Milanovic in una recente lettera all’ambasciatore tedesco, Peter Witting, presidente di turno del Consiglio, ha riferito che «i tentativi del governo di Pristina di riprendersi i punti di confine di Brnjak e Jarinje costituiscono una seria minaccia al dialogo tra i due Stati».
Sia il presidente serbo Tadic che il capo del team negoziale di Belgrado con Pristina, Borislav Stefanovic, hanno condannato, definendolo «un atto criminale» l’incendio appiccato ieri al posto di frontiera di Jarinie da parte di presunti facinorosi serbo-kosovari. Vecchia questione quella dell’esazione dei diritti doganali che la decisione presa il 25 luglio dal governo del Kosovo ha definitivamente esasperato. Tre giorni fa Thaci ha infatti ordinato alle forze speciali kosovare di prendere il controllo di Brnjak e Jarinje, suscitando le forti proteste dei serbi di Leposavic, Rudare e Zubin Potok, che hanno prontamente bloccato le strade per impedire l’accesso dei militari kosovari. Ci sono stati incidenti in serie che hanno portato all’uccisione di un poliziotto albanese.
Secondo Thaci la decisione del governo «di controllare il nord del Kosovo è basata sulla Costituzione kosovara» e l’azione non va interpretata come un attacco ai serbi locali ma come un atto dovuto «per riportare ordine e legge nei punti di passaggio 1 e 31 e sull’intero territorio del Kosovo». Non è la prima volta che il governo kosovaro dopo la dichiarazione di indipendenza del 2008 tenta di riprendere il controllo del nord del paese. Questa volta però si tratta del primo tentativo serio di mettere le mani su quella parte del Kosovo che i serbi si dicono disposti a difendere fino alla morte.


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