by Sergio Segio | 6 Luglio 2011 7:06
Secondo un’inchiesta del giornalista Usa Tracey Eaton, per molti anni corrispondente del Dallas Morning News dall’Avana, le amministrazioni Usa dal 2007 al 2011, ossia quelle di George W. Bush e Barack Obama, hanno stanziato 94 milioni di dollari per «promuovere la democrazia a Cuba»; o per «fomentare la sovversione a Cuba», secondo l’Avana; o, terza versione inoppugnabile, per «finanziare la dissidenza».
Nell’aprile scorso il senatore democratico John Kerry, presidente della Commissione esteri del senato ha annunciato che avrebbe bloccato il finanziamento dei 20 milioni di dollari di «fondi riservati» e destinati all’opposizione cubana. Non è che il democratico Kerry abbia finalmente riconosciuto, dopo più di mezzo secolo, che finanziare (oltretutto senza successo) la destabilizzazione di un altro paese è un’attività illegale. Esige solo maggior chiarezza e trasparenza nell’uso dei fondi, dopo le malversazioni degli ultimi anni.
Ma chiedendo un rendiconto più chiaro, Kerry sembra si sia macchiato di un peccato grave, tanto che alcuni dei gruppi anti-castristi di Miami, che fungono da canalizzatori dei fondi verso il dissenso cubano dell’interno, si sono indignati. Uno, come notava nel suo blog Fernando Ravsberg, corrispondente della Bbc dall’Avana, è arrivato a rifiutare la sua quota sostenendo che «per ragioni di sicurezza» non può rivelare né come entrano i soldi né chi sono i beneficiari, perché teme che l’Usaid, l’agenzia Usa per gli aiuti, sia infiltrata dai servizi cubani.
Tuttavia la revisione completa dei «programmi per promuovere la democrazia» a Cuba e la fiscalizzazione di relativi soldi sembravano inevitabili. Negli ultimi anni il contabile del gruppo anti-castrista Center for Free Cuba è stato condannato per essersi intascato 600 mila dollari di aiuti. Il Gao, Government accountability office del Congresso, ha scoperto che l’esilio cubano ha speso parte dei soldi in Playstation, capi d’abbigliamento, motoseghe da giardino, polpa di granchio, cioccolata… Un altro gruppo riconosce di aver speso 4 milioni per inviare 900 mila dollari di aiuti a Cuba; un altro ha pagato 1.6 milioni in «messaggi democratici» diretti a cellulari nell’isola. Anche gli oppositori dell’isola si lamentano di questo andazzo malavistoso.
I gruppi dell’esilio anti-castrista s’indignano ma si scannano per quei milioni e pretendono che nessuno metta becco su come li spendono. Come dice Ravsberg, nessuna agenzia di aiuti del mondo eccetto la Usaid accetterebbe simili condizioni. Il suo vicedirettore, Mark Là³pez, ha dovuto promettere d’ora in poi «trasparenza e rendiconti di tutti i nostri programmi».
C’è da credergli? A Washington, da Obama in giù, c’è qualcuno che s’azzardi a sfidare le ire bipartisan dei politici cubano-americani? La ultrà Ileana Ros-Lehtinen (repubblicana), presidente della Commissione esteri della Camera, ringhia contro Kerry. I senatori Bob Menéndez (democratico) e Marco Rubio (repubblicano) hanno espresso serie riserve sull’idoneità di Jhonatan Farrar, dal 2008 capo della Sezione di interessi Usa all’Avana, a guidare l’ambasciata nel Nicaragua di Ortega, in quanto troppo morbido con il governo di Raàºl Castro. Anche Farrar si è macchiato di un peccato mortale, svelato da WikiLeaks: aver inviato cablo al dipartimento di stato sostenendo che i dissidenti non hanno appoggio sociale, che sono minati da personalismi e odi interni, che sono troppo dipendenti dal denaro in arrivo dagli Usa.
In realtà la corruzione comprovata fra l’esilio di Miami e l’avidità eccessiva dei dissidenti interni sono boomerang per quella «transizione alla democrazia» che Washington, travolgendo ogni standard di legalità e di decenza, finanzia da mezzo secolo. Ora Kerry ha congelato i 20 milioni previsti per il 2012. Però i soldi girano lo stesso. Il 16 giugno la Usaid ha liberato una precedente partita di 21 milioni di dollari per finanziari programmi di «cooperazione»: 6 milioni per potenziare «la libertà d’espressione» dei giovani; 6 milioni per ampliare «l’uso di internet» e allevare nuove super-bloguere tipo Yoani Sà¡nchez; 9 milioni per appoggiare «associazioni civili e religiose».
Spudorati, e anche un po’ coglioni. Si meritano che tutti quei soldi se li rubino a Miami.
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