by Sergio Segio | 15 Luglio 2011 10:27
ROMA – In Italia la povertà risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2009. Ad affermarlo è l’Istat che pubblica i dati sulla povertà in Italia 2010. Secondo l’istituto, infatti, l’11,0% delle famiglie è relativamente povero (2.734.000 famiglie, vale a dire 8 milioni e 272 mila persone) e il 4,6% lo è in termini assoluti (vale a dire 1.156.000 famiglie, per 3 milioni e 129 mila persone).
La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 992,46 euro, circa 9 euro in più rispetto alla soglia del 2009 (+1%). Inoltre, la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati (dal 18,2% al 23%) e di monogenitori (dall’11,8% al 14,1%). La condizione delle famiglie con membri aggregati peggiora anche rispetto alla povertà assoluta (dal 6,6% al 10,4%).
Sul piano geografico, l’Istat evidenzia che nel Mezzogiorno l’incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori.
La povertà relativa aumenta tra le famiglie con persona di riferimento lavoratore autonomo (dal 6,2% al 7,8%) o con un titolo di studio medio-alto (dal 4,8% al 5,6%), a seguito del peggioramento osservato nel Mezzogiorno (dal 14,3% al 19,2% e dal 10,7% al 13,9% rispettivamente), dove l’aumento più marcato si rileva per i lavoratori in proprio (dal 18,8% al 23,6%). Tra le famiglie con persona di riferimento diplomata o laureata aumenta anche la povertà assoluta (dall’1,7% al 2,1%).
Peggiora la condizione delle famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro. Per l’Istat si tratta essenzialmente di coppie di anziani con un solo reddito da pensione, la cui quota aumenta dal 13,7% al 17,1% per la povertà relativa e dal 3,7% al 6,2% per quella assoluta.
Migliora, nel Centro, la condizione di povertà relativa tra le famiglie con due o più anziani (dal 10,5% al 7,1%). Infine, la povertà assoluta cala per le coppie con persona di riferimento sotto i 65 anni (dal 3,0% all’1,9%), a seguito di una maggiore presenza di coppie con due percettori di reddito.
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Si tratta del 13,8% dell’intera popolazione. Il dato è “sostanzialmente stabile”. Segnali di peggioramento si osservano però tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), soprattutto al Centro, tra quelle con membri aggregati e di monogenito
ROMA – In Italia le persone relativamente povere sono 8 milioni 272 mila. Il 13,8% dell’intera popolazione. Lo comunica l’Istat spiegando che nel 2010, sono 2 milioni 734 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (l’11% delle famiglie residenti) L’Istat spiega che si tratta di quelle famiglie che sono al di sotto della linea di povertà . La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese, che nel 2010 è risultata di 992,46 euro (+1% rispetto al valore della soglia nel 2009). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere.
Il dato, secondo l’istituto di statistica, è “sostanzialmente stabile”. Segnali di peggioramento si osservano, tuttavia, tra le famiglie di cinque o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), in particolare nel Centro (dal 16,1% al 26,1%), tra quelle con membri aggregati (dal 18,2% al 23%) e di monogenitori (dall’11,8% al 14,1%); nel Mezzogiorno peggiora la condizione delle famiglie con tre o più figli minori (dal 36,7% al 47,3%).
Non solo. La povertà aumenta tra le famiglie con persona di riferimento lavoratore autonomo (dal 6,2% al 7,8%) o con un titolo di studio medio-alto (dal 4,8% al 5,6%), a seguito del peggioramento osservato nel Mezzogiorno (dal 14,3% al 19,2% e dal 10,7% al 13,9% rispettivamente), dove l’aumento è particolarmente marcato se si tratta di un lavoratore in proprio (dal 18,8% al 23,6%).
Peggiora anche la condizione delle famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro: essenzialmente, si tratta di coppie di anziani con un solo reddito da pensione (dal 13,7% al 17,1%).
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Rapporto Istat 2010. Le persone in condizione di povertà assoluta sono 3 milioni e 129 mila, il 5,2% dell’intera popolazione. Ma il dato risulta invariato rispetto al 2009, sia a livello nazionale sia nelle singole ripartizioni geografiche
ROMA – Nel 2010, in Italia, 1 milione e 156 mila famiglie (il 4,6% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 3 milioni e 129 mila individui (il 5,2% dell’intera popolazione). Lo rivela il rapporto Istat 2010. L’incidenza della povertà assoluta viene calcolata sulla base di una soglia di povertà corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Vengono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e ampiezza demografica del comune di residenza). La stima puntuale dell’incidenza che, per il 2010, è risultata pari al 4,6%, oscilla, con una probabilità del 95%, tra il 4,2% e il 5,0%. Di conseguenza, la povertà assoluta risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2009, sia a livello nazionale sia nelle singole ripartizioni geografiche. Segnali di peggioramento, che confermano alcuni dei risultati evidenziati per la povertà relativa, si osservano tra le famiglie con membri aggregati (dal 6,6% al 10,4%), tra le famiglie senza occupati in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro (dal 3,7% al 6,2%) e tra quelle con persona di riferimento in possesso di almeno un diploma di scuola secondaria superiore (dall’1,7% al 2,1%). L’unico segnale di miglioramento, dovuto a una maggiore presenza di coppie con due percettori di reddito, si rileva per quelle con persona di riferimento sotto i 65 anni (dal 3,0% del 2009 all’1,9% del 2010).
Si conferma poi lo svantaggio delle famiglie più ampie: se i componenti sono almeno cinque l’incidenza è pari al 10,7% e scende al 9,4% tra le coppie con tre o più figli e al 10,4% tra le famiglie con membri aggregati. Analogo svantaggio emerge per le famiglie con monogenitori (6,9%) e, in misura più ridotta, per quelle con almeno un anziano (quando l’anziano è la persona di riferimento l’incidenza è pari al 5,4%, quota che sale al 5,7% se vive solo).
La povertà assoluta risulta elevata tra le famiglie con persona di riferimento avente al massimo la licenza elementare (8,3%). Difficili appaiono anche le situazioni associate con la mancanza di occupazione o con bassi profili occupazionali: tra le famiglie con a capo una persona occupata, le condizioni peggiori si osservano tra gli operai o assimilati (6,4%), mentre i valori più elevati si rilevano se la persona di riferimento è in cerca di occupazione (12,8%) e nelle famiglie in cui non sono presenti occupati né ritirati dal lavoro (19,6%).
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