Il Colonnello: “Resisteremo” Tripoli: mai più petrolio all’Eni
ZAGABRIA – Torna Gheddafi, parla al suo popolo, mobilitato e trasferito dai miliziani del regime in piazza per ascoltare la voce registrata del capo. Un’arringa destinata soprattutto alle potenze internazionali, che lo bombardano dal cielo, e che oggi si riuniscono in Turchia per capire come andare avanti nella guerra di Libia. Il colonnello accusa la Nato, e conferma di voler continuare a lottare: «Resisteremo fino alla fine», urla il capo libico, «la Nato sta uccidendo bambini innocenti; i criminali di guerra europei dovrebbero essere mandati di fronte alla Corte penale internazionale». Intanto innesca altre mosse di propaganda: il suo primo ministro Al Baghdadi dice che «con l’Eni abbiamo chiuso per sempre, non vi sarà più alcun partenariato, e in futuro l’Italia non avrà parte alcuna nei contratti petroliferi libici». La risposta italiana arriva, in totale sintonia, dal ministro degli Esteri Franco Frattini e dello Sviluppo economico Romani: «Siamo noi che non vogliamo e non possiamo fare contratti con Gheddafi, che è sotto embargo».
I messaggi di propaganda in arrivo dalla Libia, però, al quarto mese di guerra confermano una resistenza di Gheddafi, che inizia a far breccia nella volontà bellica della Nato. Il mediatore russo Mikhail Margelov fa sapere che il Colonnello non ha ancora schierato i missili, e ha un piano suicida: «Far esplodere Tripoli se i ribelli prenderanno la città ».
Un primo, vero segnale di volontà di trattare da parte dell’Alleanza potrebbe venire da Istanbul, oggi, dove verrà sottoposta ai ribelli l’idea di creare un governo di «unità nazionale». Un riconoscimento che Gheddafi non è sconfitto, e che quindi anche se lui e suo figlio Saif dovranno abbandonare il potere, ministri “gheddafiani” dovrebbero sedere in un esecutivo di transizione destinato a far cessare la guerra e avviare un processo di pacificazione. L’idea sarà presentata ai ribelli dai Paesi del «gruppo di contatto» (Usa, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna) assieme a Turchia, Emirati e Qatar. Il piano è basato su una proposta del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu; ma ci sarebbe il sostegno degli alleati Nato.
In missione in Croazia assieme al presidente Giorgio Napolitano, Frattini ieri ha aggiornato i giornalisti sulla riunione in Turchia. La sensazione è questa: se pure il piano dovesse essere bloccato dai ribelli, il solo fatto che le potenze occidentali lo abbiano messo in piedi è un segnale di riconoscimento per Gheddafi. Frattini parla di un governo «pan-libico». La traduzione della formula diplomatica è nel piano confezionato dai turchi: Gheddafi e il figlio verrebbero allontanati dal potere. Verrebbe formato un governo di unità nazionale con metà dei ministri espressi dai ribelli e l’altra metà dal gruppo di potere gheddafiano. Il governo designerebbe un premier interinale, e avrebbe come obiettivo, oltre alla gestione degli affari correnti, quello di preparare un’assemblea costituente e poi elezioni libere in Libia.
Infine: mentre l’Onu già avvia i piani per una forza di pace, una potenza bene accetta da ribelli e gheddafiani schiererebbe in Libia alcune migliaia di militari per garantire ad interim la sicurezza. «I turchi si sono già fatti avanti», conferma un diplomatico italiano.
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