by Sergio Segio | 19 Luglio 2011 6:57
BRUXELLES— Nel mare in tempesta chiamato Eurozona, c’è una nave che tiene la rotta. Ed è proprio l’unica senza nocchiero. Cioè il Belgio, che ieri ha doppiato i suoi 400 giorni di crisi politico-istituzionale. Venerdì 11 giugno 2010, a elezioni imminenti, i suoi telegiornali annunciavano: «Domenica verso le 19 conosceremo il nostro destino…» . Le elezioni passarono, arrivò la domenica, poi molte altre: e siamo ancora lì, quel destino è ancora ignoto.
Dopodomani, festa nazionale, per il secondo anno di seguito il re Alberto II non nominerà visconti e baronesse, contrariamente a una tradizione secolare: messaggio di preoccupazione, non troppo velato. Eppure, c’è una sorpresa: l’economia va benino, meglio che in molti altri Paesi vicini, Italia compresa; il Pil, il prodotto interno belga, cresce annualmente oltre il doppio di quello italiano (più 2,4%l’uno, più 1%l’altro). Il regno trilingue, 6 milioni di fiamminghi e 4 milioni di francofoni più 80 mila cittadini di lingua tedesca che non riescono a trovare un compromesso politico fra loro, è retto da un governo federale facente funzioni, che può seguire solo l’ordinaria amministrazione. Invece i governi «regionali» , espressioni delle rispettive comunità linguistiche, tirano con la lena di sempre, ognuno nel proprio orto: e forse è questa la prima spiegazione per quell’economia che va controcorrente.
L’altra spiegazione, è l’Europa: Bruxelles è la capitale dell’Unione Europea, ne ospita le istituzioni più importanti, e tutto ciò porta lavoro e benessere. E potere: è pur sempre belga l’attuale presidente stabile della Ue, Herman Van Rompuy, che nonostante un profilo riservato ha rivelato nel bel mezzo della crisi notevoli poteri di mediazione. Poi c’è naturalmente la produttività che questo Paese ha sempre avuto di suo, e la vicinanza alla locomotiva Germania.
Messi insieme questi ingredienti, e tenuto ben lontano ogni nocchiero dalla nave (Elio Di Rupo, socialista francofono, l’ultimo degli «esploratori» nominati dal re, ha appena gettato la spugna dopo mesi di angosce), ecco il risultato in cifre, secondo i dati Eurostat: il Pil belga, con il suo +2,4%, batte quest’anno non solo quello italiano, ma anche quello danese (+1,7%), o francese (+1,8%), o spagnolo (+1,5%). E l’anno prossimo, secondo le proiezioni, pur declinando un poco giungerà a superare quello tedesco (2,2%contro 1,9%).
È vero che il debito pubblico è tornato alle stelle — 96%del Pil, ma era ancora più alto e l’Italia sfiora comunque il 120%— però ci sono altri dati che fanno pensare: sempre in questi lunghi mesi senza governo, è diminuita la disoccupazione — dall’ 8,4%al 7,7%— ed è calato pure il deficit di bilancio, dal 5,9%al 4,1%. «Meglio senza governo!» scandivano alcuni fra gli studenti scesi in piazza a primavera per chiedere esattamente l’opposto nella cosiddetta «rivoluzione delle patatine fritte» (piatto nazionale, insieme con le cozze). Ma era solo goliardia, la loro. Come lo era quella del movimento che ha invitato tutti a non far più l’amore, o gli uomini a non tagliarsi più la barba, fino a quando il vuoto istituzionale non sarà riempito.
Dopo 400 giorni, le barbe dovrebbero arrivare fino in Olanda, la castità dovrebbe essere regola di vita. Ma non è così, naturalmente: e la nave senza nocchiero va a vele spiegate, o quasi.
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