I milioni bruciati nel grande affare dell’ex Stalingrado

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Progetti faraonici, futuribili, sostenibili: l’area da circa 1,4 milioni di metri quadrati dell’ex Falck di Sesto San Giovanni è dal Duemila oggetto di compravendite e piani di investimento. Il giro di soldi è impressionante: dai 341 miliardi di lire pagati per il terreno dal costruttore Giuseppe Pasini undici anni fa e i 3 miliardi di euro ipotizzati allora per lo sviluppo, ai 400 milioni di euro per l’area e i 2,6 miliardi per i progetti urbani pianificati dalla cordata guidata da Davide Bizzi.
Un pool eterogeneo, al quale partecipano investitori coreani, americani, gli alleati di Bizzi Paolo Dini (Paul&Shark) e Mario Bandiera (Les Copains) e il Consorzio cooperative costruzioni, che l’anno scorso ha rilevato gli asset dalla Risanamento che prima era stata di Luigi Zunino e, dopo un fallimento chiesto dalla Procura e sventato in extremis, è passata alle banche creditrici.
Milioni, miliardi, montagne di idee ma soprattutto montagne di debiti. In pratica «passati di mano» con rendering e terreni. Per un caso, proprio ieri l’ultimo compratore, la Sesto immobiliare di Bizzi, immobiliarista diventato famoso per un grattacielo a New York e che ha «fatto la scuola» presso il raider Ernesto Preatoni, ha nominato presidente Piero Gnudi, professionista che ha seguito fin dall’inizio l’acquisto di Bizzi ed è stato fino ad aprile presidente dell’Enel, e vicepresidente Mario Resca che, dopo aver guidato fra l’altro la McDonald’s Italia, è stato dirigente del ministero dei Beni Culturali e oggi commissario straordinario dell’Accademia di Brera.
Nomi che danno conto delle ambizioni di una riqualificazione e valorizzazione dell’area che una volta era la capitale delle acciaierie italiane e che ora è di nuovo affidata per disegni, progetti e sogni allo studio del super architetto Renzo Piano.
Il giro di miliardi, passaggi e debiti comincia dunque verso la fine del Duemila quando Pasini rileva (con finanziamenti bancari forniti in particolare da Intesa) l’area da Alberto Falck, che ormai ha abbandonato colate e altoforni. Filippo Penati, allora sindaco della ex Stalingrado d’Italia, accoglie in modo favorevole il passaggio di mano: «La vendita delle aree è un segnale positivo per accelerare lo sviluppo della città » .
Un applauso ovvio, anche perché più che accelerare lo sviluppo si trattava di fermare il declino di un ex polo industriale, ormai dismesso. Pasini si muove su più fronti. Per una delle aree acquistate, la ex Ercole Marelli, confida nel trasferimento della sede centrale di Banca Intesa. Progetto che però muore in fretta nei fatti ma il cui tramonto è ufficializzato dall’amministratore delegato Corrado Passera qualche tempo dopo.
Il costruttore costituisce poi una commissione scientifica per l’ex area Falck che viene presentata a fine 2001 quando sindaco è ancora Penati: ci sono l’architetto Mario Botta, autore del primo grande progetto di riqualificazione, e altre personalità  di spicco fra cui il rettore del Politecnico Adriano De Maio e il docente Alessandro Balducci, lo storico Giulio Sapelli e l’economista Marco Vitale. Che subito si convince di almeno due cose: il costruttore non ha le spalle adeguate alle ambizioni; per personalità  e professionalità  non è adatto a «fare corridoio» in Comune: lo invita perciò a non andarci e a cercare al più presto un partner adeguato ai progetti come un fondo immobiliare internazionale.
Consigli che Pasini non segue finché, dopo aver presentato nel maggio 2002 (pochi giorni prima dell’elezione di Giorgio Oldrini a sindaco di Sesto) il superprogetto firmato Botta, nel marzo 2005 vende tutto alla Risanamento di Zunino, che compra l’area per 88 milioni finanziato ancora una volta da un pool di banche guidato da Intesa.
Altro megaprogetto, affidato a Renzo Piano e presentato anche in consiglio comunale introdotto da Ermanno Olmi e da un suo filmato sulla vita delle accierie. Questa volta però il destino di Sesto viene segnato dalla fine della «bolla» degli immobiliaristi.
Il «maggior investimento mai fatto in un’area dismessa» , come l’aveva definito Pasini (che nel 2007 sfida con il centrodestra Oldrini per la poltrona di sindaco e perde) ancora una volta non va in porto. Zunino è travolto dai debiti e Risanamento viene salvata in extremis dalle banche che, Intesa Sanpaolo capofila, diventano poi gli azionisti della società  oggi guidata da Claudio Calabi. L’area ex Falck passa alla cordata Bizzi. Che di nuovo mette in campo tre miliardi per ridare a Sesto la «missione» perduta.


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