I 384 ragazzini senza un destino a Lampedusa

by Sergio Segio | 10 Luglio 2011 6:52

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Tutto era pronto, dunque, per accogliere il presidente del Consiglio, alla sua terza visita ufficiale nel paradiso delle Pelagie: alla trattoria del porto, lo chef s’era perfino inventato le «farfalle al bunga bunga» come piatto del giorno, a base di gamberetti e molto peperoncino. Ma Berlusconi alla fine non è venuto, lasciando gli isolani a bocca asciutta e sempre più alle prese col crollo del turismo (-70 per cento rispetto a un anno fa) e sull’orlo di un’imminente crisi di nervi («Colpa dei media — accusano — che parlano sempre e solo di sbarchi mentre ormai l’emergenza è finita e sull’isola si sta bene» ).
«Sicuramente la vicenda giudiziaria legata al caso Mondadori ha determinato un senso di malumore nella famiglia del presidente— così ha detto il sindaco Bernardino De Rubeis commentando il mancato arrivo del Cavaliere —. Perché fino a venerdì sera, invece, io l’avevo sentito al telefono felicissimo di venirci a trovare, anche se già  ci stavamo preparando, e lui lo sapeva, ad accogliere nuove imbarcazioni in fuga dalla Libia. Ma poi alle 23 mi ha telefonato Gianni Letta e mi ha annunciato che la visita era annullata» .
Da Roma, ieri, hanno detto che la decisione è stata presa «per non intralciare i soccorsi» , ma qui a Lampedusa si nutrono molti dubbi: «Berlusconi venne sull’isola anche quando l’emergenza sbarchi era davvero drammatica, qualche mese fa» , taglia corto il sindaco, che per il premier aveva in serbo una gita sul caicco. Ieri notte, però, sono arrivati 4 nuovi barconi con 1041 profughi a bordo, tra cui 122 donne e 33 bambini, subito ricoverati nei due centri d’accoglienza presenti sull’isola e destinati in gran parte a lasciare Lampedusa oggi stesso, terminate le procedure d’identificazione.
Rimangono però 384 minori «non accompagnati» come si dice in gergo, cioè senza genitori, senza nessuno— perlopiù originari del Mali, della Costa d’Avorio, della Guinea — di cui si occupano gli angeli di «Save the Children» e che da mesi sono «parcheggiati» a Lampedusa in attesa di trovare una degna sistemazione in continente.
Hanno quasi tutti tra i 16 e i 17 anni, i più piccoli sono appena una decina. Gli operatori umanitari li descrivono «affamati di futuro» , «pieni di voglia di lavorare» , ma allo stesso tempo sempre più demoralizzati. «Passano il tempo a sfidarsi in interminabili partite di pallone oppure giocando a dama su una scacchiera di cartone utilizzando tappi di bottiglia a mo’ di pedine» , racconta Stefania De Nicolais, di «Save The Children» , che nel suo delicatissimo lavoro si fa aiutare da un mediatore. In attesa che si trovino case-alloggio o case famiglia per loro in Italia, però, aumentano i rischi di atti di autolesionismo e disperazione. Bisogna far presto.

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