by Sergio Segio | 13 Luglio 2011 8:06
PARIGI. I mercati sempre più al comando della zona euro allo sbando non hanno creduto alle parole del comunicato sottoscritto dai 27 ministri delle finanze europee nella notte tra lunedì e martedì. Ieri, le Borse erano a picco e le condizioni dei prestiti per Italia e Spagna, le due ammiraglie sotto tiro, si sono ancora degradate. L’Ecofin, dopo otto ore di scontri feroci, ha partorito un topolino che riafferma la «volontà assoluta» dei 27 di «preservare la stabilità finanziaria della zona euro». I ministri promettono anche di ««migliorare la capacità di resistere al rischio di contagio» ma, per esorcizzare il peggio, evitano di citare Italia e Spagna e fanno riferimento nominale solo alla Grecia. Promettono, per i prossimi giorni, di fornire dettagli. Dovrebbero riunirsi di nuovo venerdì, per cercare di dare una risposta chiara alla crisi greca, già attesa all’inizio di luglio.
Sono un po’ più chiari i termini dello scontro. La questione di un default parziale di pagamento della Grecia non è più esclusa. Lo ha detto chiaramente il ministro olandese delle finanze, Jan Kees de Jager. Con l’Olanda, la Germania, la Finlandia e l’Austria non temono un default parziale, attraverso una ristrutturazione di parte del debito, mentre la Francia ne è terrorizzata. La Bce si impunta e non vuole sentirne parlare. Il presidente della banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha avvertito che in caso di default parziale la Bce non accetterà più i titoli obbligazionari greci svalutati in garanzia. La Bce ritiene che un default anche parziale avrebbe conseguenze incontrollabili sulle banche e favorirebbe il «contagio», peraltro già in corso. Bce e Francia cercano tutti i mezzi per difendere le banche, mentre la Germania vuole che, anche i privati (banche, assicurazioni e fondi) che hanno speculato e guadagnato, paghino in parte il prezzo delle loro avventure. La Francia difende le sue banche con il piano del roll over, che dovrebbe proteggere Crédit Agricole, SocGen e Bnp, molto esposte in Grecia. Il problema è che tutte queste diverse soluzioni sono considerate «default» da parte delle agenzie di rating (di qui l’idea di crearne una europea).
Tutte le ipotesi sono allo studio. Anche quella di un rafforzamento del Fondo europeo di stabilità finanziaria, costituito nell’emergenza del maggio 2010, all’epoca del primo piano per la Grecia. E’ dotato di 440 miliardi di euro, oggi giudicati insufficienti per fare fronte a un eventuale contagio di Spagna e Italia. I ministri hanno anche promesso di non sfruttare la miseria greca facendo la cresta sui tassi di interesse verso Atene nell’ambito della «solidarietà » europea (chi può prende a prestito e poi ripresta agli esclusi dai mercati, ma aumentando i tassi). Un aumento del Fesf è visto favorevolmente dalle banche, ma un suo aumento dovrà passare al vaglio dei parlamenti nazionali.
Mentre Georges Papandreu denuncia la «cacofonia» europea e ricorda che «non c’è più posto per le non decisioni e per gli sbagli», da Washington la neo direttrice dell’Fmi, Christine Lagarde, fa rimpiangere Strauss-Kahn affermando severa che «gli sforzi» fatti dalla Grecia in termini di austerità «non sono ancora sufficienti». L’Fmi ha sbloccato molto malvolentieri la sua parte della quinta tranche del primo piano di aiuto alla Grecia, ma Lagarde rifiuta di commentare l’ipotesi di un coinvolgimento dei privati nel secondo piano per Atene. «Dire qualcosa sulle discussioni in corso sarebbe gettare olio sul fuoco», ha affermato. Lagarde spera che le sue parole – «alcune cifre italiane sono eccellenti, il deficit primario (esclusi gli interessi sul debito) è uno dei più bassi e gran parte del debito è in mano agli italiani» – servano a limitare il contagio.
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