Governo, il nodo Alfano Resta il «piano rimpasto»

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ROMA — L’unica cosa non in discussione è che Angelino Alfano scalpita per traslocare da via Arenula a via dell’Umiltà . Lui, che ha un partito pieno di problemi da mandare avanti e una promessa pubblica da rispettare, di rimanere a fare il ministro della Giustizia ancora per molto non ha alcuna intenzione. Lo ha detto a Berlusconi, lo ha detto ai suoi colleghi: «Una volta approvata la manovra, io mi dimetto» .
Se già  domani sera o — più probabilmente— all’inizio della prossima settimana si vedrà , ma è certo che un buco grosso come una casa nell’organigramma del governo andrà  al più presto riempito. Se, appunto, questa è l’unica certezza in ore sempre più concitate, significa che la situazione è davvero complicata. E infatti, a ieri sera, nessuno se la sentiva di scommettere su chi sarà  il sostituto di Alfano, e su quale sarà  l’assetto dell’esecutivo da qui alle prossime settimane. Che Berlusconi pensi a un’operazione rimpasto che rilanci il suo governo, infatti, è noto e assodato. Ma che le grandi manovre possano essere attuate ora è alquanto improbabile, e lui stesso lo esclude. Intanto perché il ruolo centrale — quello di Tremonti — è ancora tutto da definire: resterà  al suo posto il ministro, come ieri ha annunciato citando l’ «hic manebimus optime» di Tito Livio, magari rasserenato dall’assicurazione del Procuratore di Napoli Lepore che non è né indagato nell’inchiesta P4 né verrà  interrogato? Oppure potrebbe davvero avvenire il grande strappo tra lui e un premier ormai giunti— sia sul piano politico che su quello personale — ai ferri corti? E se mai avvenisse, quando sarebbe?
 Tutti tendono ad escludere una scelta traumatica prima dell’autunno («Non possiamo permetterci il suo addio ora» , dicono amici e nemici), e sicuramente dovrà  passare l’estate perché Berlusconi metta la testa sui delicatissimi equilibri del governo, che Tremonti resti al suo posto o no. Ma il problema della sostituzione di Alfano non è procrastinabile, ed è di difficile soluzione. Per non parlare dell’altro caso che si aperto e che potrebbe avere ulteriori, prossimi sviluppi: la richiesta di rinvio a giudizio per il ministro Saverio Romano per concorso in associazione mafiosa.
 Il ministero della Giustizia, chiaramente, non può essere lasciato vacante, nè tantomeno Berlusconi può pensare di prenderne l’interim, come invece sembra avesse ipotizzato di fare — almeno fino all’autunno— con il ministero degli Esteri, qualora fosse Franco Frattini ad approdare in via Arenula. Il titolare della Farnesina ieri ha commentato con freddezza la notizia del suo possibile passaggio al ministero della Giustizia: «Leggo stupito questa notizia sui giornali e non commento. Ora ho una lunga missione in Cina quindi… Qualora mi fosse chiesto? Ma per carità , ma siamo seri “qualora le fosse…”è una domanda irricevibile» . In verità , la soluzione piacerebbe molto a Berlusconi, ma non sembra affatto che il Quirinale sia favorevole a indebolire un ministero delicato e di prestigio come gli Esteri che è stato ben guidato da Frattini, e tantomeno di lasciarlo senza un titolare effettivo per mesi. Dunque, si tornano a fare i nomi già  sussurrati nelle scorse settimane: quello di Maurizio Lupi (che però si dichiara indisponibile), di Anna Maria Bernini, che resta uno dei candidati più probabili, ma si parla anche del magistrato e senatrice del Pdl Augusta Iannini che sarebbe sponsorizzata dallo stesso Alfano, così come resta in pista il presidente della commissione Affari costituzionali Donato Bruno e, sembra, anche Renato Brunetta, che potrebbe lasciare la Funzione Pubblica.
Tanti nomi che dimostrano dunque la difficoltà  di una scelta delicatissima, visto che nessuno scalpita per occupare un ruolo considerato ad alto «rischio politico» come quello di Guardasigilli. In un governo in cui ogni giorno si apre un nuovo fronte e dove ormai, ammettono nel Pdl «si naviga a vista» .


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