Fini: la maggioranza cacci Silvio e il Terzo polo non si tirerà  indietro

by Sergio Segio | 23 Luglio 2011 7:46

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ROMA – Non è solo una questione di sfumature. Casini lo chiama «governo di unità  nazionale». Rutelli il «governo del presidente, guidato da un’alta personalità , con una vasta maggioranza in Parlamento». Fini si fa carico invece di lanciare la sfida al partito del quale è stato co-fondatore, agli «amici del Pdl», perché «battano un colpo ora: l’Italia non può continuare in questa agonia, se non ora quando?». La proposta è di indicare loro un premier, «ne hanno diritto», purché alternativo al Cavaliere, ovvio. Per un governo con «un’agenda scarna di due o tre cose da fare» e voltare così pagina. A quel punto, «noi non ci tireremo indietro, ci faremo carico delle nostre responsabilità » assicura il leader Fli. Che poi si rivolgerà  anche a Berlusconi: «Si faccia da parte, dimostri che ama davvero l’Italia, che è al suo servizio, non che se ne serve». Casini la butterà  sullo stile: «Lasci il campo come solo un vero grand’uomo è capace di fare».
Sfumature, ma di sostanza, sugli scenari. Perché l’ipotesi di Rutelli e Casini evocano governi istituzionali con una guida alla Mario Monti o alla Gianni Letta (mai citati). Il presidente della Camera provoca i berlusconiani, li esorta al regicidio per far spazio a un Alfano o a un Maroni (pur mai citati anche loro). «Ma è una provocazione, appunto, so bene che non lo faranno mai» ammette subito dopo.
Auditorium della Conciliazione di Roma gremito di centinaia di militanti per la convention nazionale del terzo polo, nonostante la giornata di piena estate. Luogo evocativo, è lo stesso teatro del «che fai mi cacci» del 22 aprile 2010 ma anche dell’elezione-acclamazione di Angelino Alfano alla segreteria Pdl del primo luglio scorso. Dal mattino al tardo pomeriggio i quattro leader – con loro anche il governato siciliano dell’Mpa Raffaele Lombardo – si alternano sul palco, tra decine di interventi e testimonianze. Prende la parola anche il numero due del governo ribelle libico di passaggio da Roma, tra gli altri. Sullo sfondo campeggia l’audace slogan «Io cambio l’Italia». Perché il terzo polo con l’appuntamento di ieri «si mette in marcia e ad ogni buon conto è pronto ad affrontare anche il voto» sostiene Rutelli, il primo dei quattro a parlare, e «noi siamo un’alternativa credibile». Si scrive terzo, «ma noi aspiriamo a essere il primo, vedrete, saremo determinanti, dunque sveglia ragazzi» esalta i suoi Pier Ferdinando Casini. Il leader centristra si rivolge al centrosinistra, interlocutore ma non proprio alleato: «Senza il Pd non c’è alternativa» premette, ma avverte che gli ulivi «vecchi o nuovi non producono riforme ma paralisi». Allude anche a chi starebbe lavorando «per dividere il terzo polo, se ne faccia una ragione: noi siamo uniti e lo saremo sempre di più». Precisazione di un certo peso, alla luce delle iniziative degli ultimi giorni benedette dalla Segreteria di Stato vaticana per dar vita a una nuova creatura politica cattolica, destinata a tagliare fuori il laico Fini. Nulla di tutto questo accadrà , assicura. Va cambiata invece la legge elettorale – invoca il governatore Lombardo – «che deve riportare i cittadini nella condizione di decidere da chi vogliono essere rappresentati e deve sottrarre i parlamentari a quelle distrazioni alle quali si dedicano a Roma». Si chiude tra lo sventolio di bandiere con Fini che dal palco rammenta a Rutelli i trascorsi non proprio comuni. «Chi l’avrebbe mai detto, Francesco, quando nel ’93 ci fronteggiavamo per la guida di Roma, che saremmo arrivati qui insieme?»
(c.l.)

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