Fiat, il giudice “licenzia” gli operai di Melfi

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TORINO – Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli sono stati licenziati giustamente dalla Fiat. Così ha deciso il giudice del tribunale di Melfi Amerigo Palma, che ieri ha accolto il ricorso dell’azienda contro il reintegro dei tre operai della Fiom in forza allo stabilimento potentino ribaltando la sentenza dello scorso agosto. Un esito per certi versi inatteso, che raccoglie la soddisfazione del Lingotto e l’indignazione dei metalmeccanici della Cgil.
I fatti contestati risalgono al 14 luglio di un anno fa, quando le tre tute blu (due delegati sindacali della Fiom, Barozzino e Lamorte, e un iscritto, Pignatelli) furono licenziate dalla Fiat con l’accusa di aver intralciato durante uno sciopero il passaggio di un carrello e di aver così interrotto il lavoro di tutta la linea di montaggio. I tre presentarono un ricorso d’urgenza al tribunale, che il 10 agosto condannò Fiat per comportamento antisindacale e impose il reintegro. L’azienda decise di continuare a pagare lo stipendio ai tre operai, ma di non farli rientrare in fabbrica. Seguirono polemiche e proteste, si mobilitò persino il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che espresse la sua solidarietà  ai lavoratori.
Nel frattempo il Lingotto fece opposizione, dando il via a un secondo processo, che si è appunto concluso ieri. Questa volta il giudice è entrato nel merito della vicenda (operazione non richiesta per il ricorso d’urgenza) e ha riconosciuto che la Fiat aveva ragione, che era legittimata a licenziare i tre operai.
Una decisione che ha fatto scoppiare la rabbia delle decine di lavoratori che attendevano la sentenza fuori dal tribunale. Tra loro c’era chi piangeva, chi urlava «vergogna» agli avvocati della Fiat. E c’era anche il segretario della Fiom, Maurizio Landini, che ha spiegato: «Siamo indignati perché una serie di prove da noi presentate non sono state accolte e poi perché il giudice, nel dichiarare che non c’è antisindacalità  da parte di Fiat, ha affermato allo stesso tempo che non c’è un comportamento illegittimo dei lavoratori. È una motivazione un po’ pilatesca».
I legali del Lingotto esultano: «Dopo un anno di istruttoria – spiega Francesco Amendolito – e ben 26 testimoni ascoltati, è stata appurata la verità  materiale dei fatti e soprattutto che la Fiat non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali». Ma i tre licenziati, che da oggi non riceveranno più lo stipendio, non si danno per vinti: «Accettiamo la decisione del giudice – commenta Pignatelli a nome di tutti e tre – ma non ci arrendiamo. Siamo amareggiati ma continuiamo a pensare di avere ragione». Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi si augura che «al di là  del percorso giudiziario, le organizzazioni dei lavoratori vogliano tutte, insieme all’azienda, concorrere a un clima positivo evitando in ogni modo, qualunque sia stato il comportamento di quei lavoratori, forme di conflittualità  minoritarie». Probabilmente oggi stesso il giudice depositerà  le motivazioni della sentenza, ma la sigla della Cgil ha già  annunciato un doppio ricorso in appello, uno da parte dei lavoratori licenziati e l’altro della stessa organizzazione sindacale. Sarà  l’ennesima battaglia della guerra giudiziaria tra Fiat e Fiom. Che proseguirà  a Torino: il sindacato ha fatto causa all’azienda per essere stato escluso dalla newco di Pomigliano e la sentenza è attesa già  nell’udienza di domattina.


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