Fiat, con Chrysler cresce l’utile netto

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TORINO – Esordisce a Betim, cuore brasiliano del Lingotto, il primo bilancio consolidato Fiat-Chrysler, anche se i conti della controllata di Auburn Hills su quelli del neogruppo pesano ancora per un solo mese (giugno). E’ un traguardo che Sergio Marchionne insegue da oltre due anni e che a fine 2011 per lui dovrebbe voler dire la guida di un’azienda da oltre 4 milioni di vetture con possibilità  di superare la soglia dei 5 milioni entro il 2014. «Il secondo trimestre 2011 è stato importante per Fiat sia per i risultati sia per il fatto che si è visto per la prima volta l’impatto sui conti consolidati» ha detto nella conference call che ieri ha fatto seguito al board sul secondo trimestre e sulla semestrale 2011. Ma la Borsa, dopo una vigilia scintillante non ha salutato bene l’evento anzi ha punito Fiat con un meno 4,46 per cento: colpa dell’indebitamento per alcuni, più realisticamente perchè fedele al detto «compra sui rumors e vendi sulla notizia». E intanto resta sempre aperta la partita italiana.
Dunque sui 13 miliardi 153 milioni di ricavi del trimestre e sui 22 miliardi 363 milioni del semestre di Fiat Spa ci sono 3,3 miliardi di provenienza Chrysler. Sull’utile netto del trimestre che è stato complessivamente di 156 milioni di euro 80 sono di marca Chrysler (ma solo per un mese) e 76 di marca Fiat: naturalmente al netto dei proventi atipici che lo porterebbero a 1237 milioni. Un risultato che ha indotto Marchionne a rivedere, come per Fiat Industrial, anche per Fiat Spa al rialzo i target per l’anno in corso comprensivo di 7 mesi di Chrysler: 58 miliardi di euro di fatturato, 2,1 miliardi di utile della gestione ordinaria, 1,7 di utile netto, 5-5,5 miliardi di indebitamento, 18 miliardi di liquidità  e 5,5 miliardi di investimenti.
«Nei prossimi giorni annunceremo la nuova organizzazione di Fiat» ha promesso Marchionne deludendo quanti si aspettavano che lo facesse ieri. Al rientro oggi dal Brasile, a Torino, e oltre a questo problema lo aspetta anche la questione Mirafiori. E’ certo che entro l’anno raggiungerà  quota 58,5% di Chrysler e dopo si parlerà  nei fatti di fusione. «Tenere due organizzazioni separate per un costruttore unico non ha senso» ha spiegato. «Dobbiamo trovare una soluzione ma non ho una risposta immediata. Non è un tema urgente ma deve essere risolto».
E’ invece urgente la questione Mirafiori che ripropone ancora una volta il rapporto tra la Fiat e Torino. «Il nostro impegno in Italia è chiaro e non possiamo fare di più» ha confermato. «Produrremo la Panda a Pomigliano, è un investimento che continuerà  in ogni caso, a prescindere da come procederà  la vertenza e da quali saranno le motivazioni del tribunale. Il sistema Italia però deve fare una scelta, se seguirci sulla strada che abbiamo intrapreso con la fusione con Chrysler oppure mettersi di traverso. Noi non ci faremo imporre nulla. Se il sistema Italia non ci aiuterà  ne trarremo le dovute conseguenze ed eserciteremo altrove le nostre opzioni».
Per Mirafiori e Bertone è dunque partita più che mai aperta, Marchionne non sembra avere cambiato idea sul congelamento degli investimenti. «La Fiat non decide le condizioni di mercato» ha ribadito ieri «ma ci si deve adattare ed è difficile agire in un mercato simile se non ha stabilità  di relazioni industriali. Un accordo che è stato negoziato dalle parti e accettato e ratificato dalla maggioranza dei lavoratori non può essere rimesso in discussione da una minoranza. Non accade da nessuna parte e per questo Fiat non intende rimettersi al tavolo negoziale».


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