Festa per i 90 anni del Pcc: “Il nostro maggior nemico oggi è la corruzione”

by Sergio Segio | 2 Luglio 2011 16:16

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Il futuro del PCC «Occorre trovare l’equilibrio tra i cambiamenti lo sviluppo e la stabilità »
L’opposizione. Nelle ultime settimane rivolte violente e bombe contro gli uffici governativi

La lotta alla corruzione rappresenta la chiave per vincere o perdere la fiducia e il sostegno del nostro popolo Troppi funzionari sono incompetenti Urge che il partito imponga la disciplina ai suoi iscritti Hu Jintao presidente del Partito comunista cinese Discorso per il 90Ëšanniversario
Oggi una vibrante Cina socialista è emersa all’Est e i 1,3 miliardi di cinesi stanno avanzando pieni di fiducia sotto la grande bandiera del socialismo con caratteristiche cinesi»: il discorso del Presidente cinese Hu Jintao per la celebrazione del 90Ëš anniversario dalla fondazione del Partito Comunista Cinese – inaugurato a Shanghai nel 1921 – inizia così, sottolineando a tutti che, qualunque sia il colore della bandiera sotto la quale si impettiscono i leader del Paese, tutto ciò che vi avviene ha «caratteristiche cinesi». Stabilite dai leader di Partito stessi.
Il lungo discorso del Presidente (un’ora e mezza) ha ripercorso la storia della «riscossa nazionale» partendo dalla Guerra dell’Oppio, scegliendo di enfatizzare ancora una volta quel «giogo semi-coloniale» sotto cui si sarebbe trovata la Cina (che, a rigor di storia, si trovava in realtà  sotto una dinastia straniera, quella mancese dei Qing, già  dal 1644) quando fu costretta a estendere concessioni commerciali e territoriali ai poteri nuovi arrivati sullo scacchiere asiatico – dalla Gran Bretagna alla Russia, dagli Stati Uniti all’Italia. Non è un dettaglio: la storiografia cinese, che percorre a tutta rapidità  gli anni più cupi del maoismo, senza citare i milioni di vittime del Grande Balzo o della Rivoluzione Culturale, pone la Cina davanti al resto del mondo dichiarandosene vittima, e controlla con fermezza che un’unica versione dei fatti circoli liberamente nel Paese.
Dopo aver ripercorso le tappe canoniche del passato, Hu si è soffermato sul presente, elencando tutti i grandi successi nazionali, molti sotto gli occhi di tutti: l’impressionante crescita economica, il miglioramento delle condizioni di vita di milioni di persone, le conquiste tecnologiche e diplomatiche della Cina. Poche le novità  rispetto alla direzione futura da dare al Partito, «grande, glorioso e corretto», e alla nazione: «Occorre trovare un equilibro tra le riforme, lo sviluppo e la stabilità : questa è la linea di condotta generale per raggiungere il successo nella modernizzazione socialista della Cina», ha detto Hu, ribadendo spesso l’importanza della stabilità  e dello sviluppo. Fra i più pericolosi nemici della stabilità , ha detto, c’è la corruzione – ormai endemica in Cina, e una delle maggiori fonti di rabbia fra i cittadini. Ha dunque lanciato slogan contro la corruzione e ripetuto la necessità  di sviluppare «un’armoniosa società  socialista». Le ultime settimane, infatti, pur caratterizzate da un crescendo di propaganda (film, incontri di massa negli stadi per cantare canzoni rivoluzionarie, pubblicazioni straordinarie, radio e tv impegnate a cantare la gloria del partito, in un tripudio di bandiere rosse) hanno visto rivolte violente in diversi punti del Paese, bombe contro uffici governativi – apparentemente ad opera di persone squilibrate e sfinite da corruzione e abusi di potere – e la chiusura ai viaggi dell’intero Tibet.
Nel corso della festa del Partito Hu Jintao ha anche enfatizzato la necessità  di «adattarsi», come a ricordare ai cinesi e al mondo la grande capacità  del Pcc di passare dagli anni dell’ideologia più militante a quelli attuali, in cui un Partito Comunista che conta più di 80 milioni di membri gestisce aziende mastodontiche e in pieno attivo e un fondo sovrano trilionario, pur mantenendo un controllo ferreo sull’informazione e smentendo la possibilità  di riforme politiche che portino il partito novantenne a dividere il potere in modo pluralista. Anzi, «il successo, in Cina, dipende dal partito», ha detto Hu, e nessuna riforma può dunque essere immaginata in questo senso.
Dopo il discorso, si sono innalzate le note dell’Internazionale – un inno di rivolta frequentemente cantato dagli studenti che manifestavano a Piazza Tiananmen nel 1989, ma che oggi in Cina si sente solo di rado.

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