Fatture false e società  off shore per prosciugare i fondi pubblici

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MILANO – Alcune aziende-cartiera. Ma soprattutto un giro di società  off shore sparse per i paradisi fiscali di mezzo mondo su cui far transitare fior di quattrini. Ma c’è anche la voglia di alcuni imprenditori di non sottostare più a un «sistema», indicare nomi, cifre e responsabilità  precise.
Ecco spiegato come la magistratura si è convinta di aver scoperchiato il presunto «metodo Sesto». La procura di Milano lo lambisce quasi un anno fa, indagando sulle società  dell’immobiliarista Luigi Zunino e sulla gestione della società  Santa Giulia. Un’imponente area nella zona sud-est di Milano, una volta sede della Montedison, con le ambizioni di trasformarsi in un appetibile quartiere residenziale. Un progetto firmato dall’archistar Norman Foster, rimasto incompiuto, la cui vecchia gestione è stata travolta dagli scandali (prima di essere rilevata da una nuova cordata). Prima per la mancata bonifica da parte dell’imprenditore Giuseppe Grossi. Fiumi di denaro, anche di finanziamenti pubblici, la cui destinazione non è ad oggi ancora del tutto chiara. I pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, alla fine del 2009, mettono le mani su una serie di società  che emettono fatture proprio a una controllata di Zunino. Spulciando nei bilanci della «Immobiliare Cascina Rubina srl» si accorgono che i conti non tornano. Zunino viene indagato per appropriazione indebita. Attraverso operazioni inesistenti, sostiene la procura, avrebbe stornato dai bilanci «due milioni e mezzo di euro», depositandoli «sul conto svizzero Lugton del quale è beneficiario lo stesso Zunino». Sottotraccia, da allora, nelle mani della procura sono finite altre società -cartiera. Capaci, cioè, di fare risultare operazioni in realtà  inesistenti attraverso triangolazioni con l’estero, sottrarre denaro al fisco, fare sparire molto denaro. E proprio in questo spaccato che Pedio e Ruta si sono imbattuti, alla fine del 2010, nei conti della Caronte srl (ieri perquisita), nella gestione del suo direttore generale, Piero Di Caterina. Sarebbero state anche le sue parole, rese a verbale fino a pochi mesi fa, a svelare il «sistema Sesto» nei trasporti. Parole, si dice oggi, che avrebbero ricevuto altri impulsi e conferme anche dal primo proprietario dell’ex area Falck di Sesto, l’imprenditore Giuseppe Pasini (ex candidato sindaco di Forza Italia sconfitto dal candidato Pd Giorgio Oldrini, nel 2007).
È lui che avrebbe raccontato delle pesanti pressioni ricevute dagli esponenti del Pd lombardo per ottenere le varianti al Piano regolatore necessarie alla lottizzazione dell’area. Fiumi di inchiostro che hanno riempito verbali. Proprio sei mesi fa, i pm milanesi hanno passato tutte le carte ai colleghi monzesi. I presunti reati sono stati commessi fuori dalla loro giurisdizione. E in questo ristretto lasso di tempo, il procuratore Corrado Carnevale e il suo sostituto, Walter Mapelli, hanno cercato verifiche e riscontri. Avviato rogatorie all’estero, convocato testimoni che, dopo il verbale, si sono trasformati in indagati.
Ieri il blitz. Con un decreto di perquisizione stringato, di sole due pagine, l’accusa non intende ancora scoprire le carte. Al massimo le fa timidamente intuire. Una mossa dovuta quella di ieri, legata all’imminente scadenza delle indagini (sei mesi), che solo in parte – è la precisa sensazione – danno lo spaccato di quanto è convinta di aver provato la procura di Monza.


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E di colpo appare tutto vecchio. Vecchi i commenti di chi ha perso ma è «certo del senso di responsabilità » degli alleati. Vecchi i «pastoni» parlamentari dei Tg di corte. Vecchie le rassicurazioni sulla tenuta del governo. Vecchie le promesse di nuovi allargamenti di una maggioranza sempre più «coesa» .

L’ultima difesa

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Non basta il via libera sulla prescrizione breve che lo può salvare dal processo Mills, ottenuto da un’aula di Montecitorio militarizzata dai capigruppo forzaleghisti e svilita dalla compravendita dei “responsabili”. Non basta il dissennato disegno di legge sul “processo lungo” che lo può proteggere dalle sentenze su Ruby, Mediaset e Mediatrade, e che nel frattempo i “volonterosi carnefici” del premier stanno portando avanti al Senato con sprezzo assoluto dell’armonia ordinamentale e dell’economia processuale.

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