E Pisapia cerca di smarcarsi dal PD

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Se volessimo proprio applicare uno schema dei tempi che furono, Pisapia avrebbe dovuto rappresentare il Fronte popolare magari in versione postmoderna à  la Vendola e il Pd vestire i panni del vecchio Pci. Non è andata così, non solo sul piano della distribuzione delle deleghe e del conteggio degli assessorati chiave, ma perché via via è apparso chiaro che sarebbe stato difficile mettere le briglia a Pisapia.
Nella democrazia del bipolarismo chi sposta davvero i voti alla fine comanda, e gli altri devono sperare di venir bene nella foto di gruppo. Poi se alla prima uscita il vincitore ha la prontezza di redarguire proprio Nichi Vendola dicendogli di andare a fare il gradasso a Bari e lasciare Milano ai milanesi… beh, il carisma sicuramente ne guadagna. Sulla vexata quaestio del Pgt, il piano urbanistico, si è visto poi come Pisapia il software decisionale avesse tutte le intenzioni di produrselo da solo, o meglio in raccordo diretto con la Milano delle competenze che l’aveva aiutato a vincere e che era ben felice di ricevere una telefonata di consultazione da parte del sindaco.
Così mentre una parte del Pd, quella che scherzando viene chiamata “calce e martello”perché molto attenta alle ragioni dei costruttori della Lega Coop (e non solo), avrebbe voluto dare semaforo verde al Pgt senza varianti e l’anima ambientalista della coalizione, al contrario, avrebbe voluto mandare tutto a carte quarantotto, Pisapia ha scelto sì di tornare indietro, ma di una sola casella. Il Pgt viene approvato, vengono però introdotte delle novità  di metodo (partecipazione e ascolto dei cittadini) e di merito (più verde, città  metropolitana, housing sociale) che collimano alla perfezione con l’identità  politica del popolo arancione. Sull’Expo è successo qualcosa di analogo.
 Pisapia sin dal primo momento ha fatto capire che non si sarebbe fatto autodirigere dal Pd e dal suo capolista Stefano Boeri, che pure di Expo si era occupato professionalmente prima delle elezioni e che è comunque nella top list degli architetti italiani che contano. L’ente organizzatore, il Bie, ha dato oggettivamente una mano a Pisapia che così ha scelto anche in questo caso una linea semi-continuista con la precedente giunta. E ha fatto partire le gare di appalto. Boeri ha vissuto il tutto con amarezza e sta pensando anche di dare le dimissioni, ma è chiaro che il copione lo scrive Pisapia e il Pd non può farsi illusioni. Anche perché dentro il partito chi pure, un po’ togliattianamente aveva considerato Giuliano «un utile idiota» , ora si sta ricredendo e sta cominciando a convincersi che a Milano è nato un vero esperimento politico. (Del resto la pensa così anche il pubblicitario e spin doctor francese Jacques Séguéla) Chi si è sicuramente ricreduta su Pisapia è Letizia Moratti.
 Dalla tragica sera del confronto diretto su Sky ovviamente è passato tantissimo tempo e l’ex sindaco ha capito che, se vuole restare in gioco, coltivare un dialogo con il suo successore non è una cattiva idea. Anche perché i professionisti milanesi, le partite Iva e una certa borghesia meneghina che ancora resta in palla, hanno scelto tutti assieme Pisapia e non comprenderebbero una deriva barricadera della Moratti. Così si spiega la sua intenzione di restare alla testa dell’Expo come commissario e l’aiutino che ha chiesto a Gianni Letta per riuscire in questa piccola impresa. La palla non è andata in buca, però il riposizionamento della Moratti è destinato a continuare. Si racconta che durante la campagna elettorale in molti volessero che Pisapia accentuasse il suo carattere antiberlusconiano, magari presidiando il Palazzo di Giustizia; il candidato non volle e mai scelta fu più felice. Moderato tra i moderati oggi Pisapia può dialogare con chiunque. La sua coalizione alla fine si è rivelata una lista civica, interclassista e trasversale. In politica si può volere di più?
Per questa via arriviamo, dulcis in fundo, a Roberto Formigoni. Il mondo ciellino è in grande fermento, nel graduale disfacimento del Pdl la sua densità  e i suoi legami sociali risaltano come oro e l’arrivo del cardinale Angelo Scola a Milano ha ulteriormente convinto Formigoni e i suoi più diretti collaboratori che occasioni così non si presentano due volte. In questo quadro coltivare un rapporto di collaborazione con Pisapia vuol dire produrre ulteriore valore aggiunto. Da parte sua il neosindaco non ignora i rapporti di forza fuori Milano e la capillare presenza di Cl in Lombardia, e quindi ha la sua bella convenienza a tessere la tela del dialogo tra istituzioni, Palazzo Marino e il Pirellone. Nella convinzione, però (e non ditelo al Pd!), di aver altrettanto filo “moderato”da tessere dello stesso Formigoni.


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