E il Cavaliere annuncia il ritiro “Nel 2013 lascio, tocca ad Alfano”

by Sergio Segio | 8 Luglio 2011 7:28

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ROMA – «Ma quand’è che smetterete di attaccarmi? Provate a essere più equilibrati. Se ci riuscite». Silvio Berlusconi ha appena presentato il libro del “responsabile” Domenico Scilipoti. Esce dalla sala del Mappamondo alla Camera, dribbla le telecamere e alcuni parlamentari del Pdl in attesa di un colloquio. Ma davanti al cronista di Repubblica fa partire l’offensiva. Attacca, per difendersi e difendere il suo governo. Si dice convinto che non ci saranno le elezioni anticipate e che le inchieste in corso che lo riguardano «finiranno nel nulla». Spara ad alzo zero contro i magistrati («il partito dei giudici si sta preparando all’appuntamento elettorale del 2013»), sferza il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti («è l’unico che non fa gioco di squadra») e blinda il cosiddetto Lodo Mondadori («L’ha scritto il Tesoro e il Guardasigilli»). Soprattutto annuncia formalmente che tra 18 mesi il candidato premier del centrodestra non sarà  più lui. Bensì Angelino Alfano, il nuovo segretario del Pdl. E la carta che il centrodestra giocherà  per il Quirinale sarà  invece quella di Gianni Letta.
Il premier è un fiume in piena. Non si ferma nemmeno quando un paio di deputati del suo partito cercano di salutarlo. Si infila nell’ascensore che lo porta verso il tunnel “segreto” tra Montecitorio a Palazzo Chigi. E fa di tutto per mostrarsi sereno e deciso a proseguire la legislatura.
Lei dice che dobbiamo essere più equilibrati, eppure contro di lei sembra ormai schierarsi tutto il centrodestra.
«Ma non è vero. Qualcuno cerca solo un po’ di visibilità . Nient’altro».
Scusi, e i nervosismi della Lega?
«Guardate che l’intesa con Bossi è solidissima. E ho un buon rapporto anche con Maroni e Calderoli».
Le ipotesi di governo tecnico per sostituirla, però, non le tira fuori Repubblica.
«Non c’è alcuna possibilità  che nasca un esecutivo del genere. Anche i leghisti, dove vuole che vadano? Tutti quelli che si staccano fanno una brutta fine. Pensate a Fini e Casini. Quelli del Fli ormai sono inesistenti. Il loro progetto politico – una volta fallito l’assalto del 14 dicembre – è il nulla. Ero solo io il loro obiettivo». A questo punto il Cavaliere accelera il passo. La scorta lo aspetta alla fine del tunnel. Continua a parlare. Tra le mani una cartellina azzurra e il libro di Scilipoti “Il re dei peones”.
Il suo patto con il Senatur sarà  pure granitico, ma nel Carroccio non è per tutti così. Lì qualcosa si sta muovendo.
«Sono le nuove generazioni. È giusto. Capiscono che io e Umberto prima o poi dobbiamo essere sostituiti. E si preparano. Con una piccola differenza rispetto al Pdl: ci sono tanti giovani di valore come Reguzzoni o Cota, ma non hanno ancora trovato il successore di Bossi».
Vuol dire che invece il suo partito l’ha trovato e che lei verrà  sostituito?
«Certo».
Non si candiderà  alle prossime elezioni politiche?
«Assolutamente no. Il candidato premier del centrodestra sarà  Alfano. Io, se potessi, lascerei già  ora…». A questo punto si ferma. Come se fosse indeciso: continuare a sfogarsi oppure no. Davanti, la porta del suo studio. Un sospiro ed entra. Si siede su un divano giallo pallido. Un analcolico e qualche tartina al peperone sul tavolo. Lo interrompe il suo portavoce, Paolo Bonaiuti: «Non devi dire che ti dimetti…». «Infatti non mi dimetto – ricomincia, ma con un tono più stanco -, però verrebbe voglia. In ogni caso alle prossime elezioni non sarò io il candidato premier».
Crede che la coalizione lo accetterà ? E la Lega? Tremonti lo accetterà ?
«Perché no? Ne ho già  parlato. Credo che siano tutti d’accordo. Io farò la campagna elettorale e aiuterò Angelino. Farò il “padre nobile”. Cercherò di costruire il Ppe in Italia. Ma a 77 anni non posso più fare il presidente del consiglio».
Le servirà  l’aiuto dei centristi di Casini.
«Mah! Pier non ha ancora deciso. Ha due possibilità . O va da solo come Terzo polo o – come penso – farà  un patto di apparentamento con noi quando saprà  che il candidato premier non sono io. A sinistra non può andare perché altrimenti perde i due terzi dei suoi elettori. E la legge elettorale resta questa. Non se ne esce».
Se Alfano sarà  il candidato premier, lei cercherà  di andare al Quirinale?
Stringe gli occhi e scuote la testa. Si appoggia sullo schienale del divano e abbassa la voce: «Non è per me. Al Quirinale ci andrà  Gianni Letta. È la persona più adatta. Anzi è una grande persona. È un buono e ha ottimi rapporti anche con il centrosinistra. Avrebbe anche i loro voti».
E questa doppia candidatura trova d’accordo pure Tremonti?
«Non lo so. Sa, lui pensa di essere un genio e crede che tutti gli altri siano dei cretini. Lo sopporto perché lo conosco da tempo e va accettato così. Ma è l’unico che non fa gioco di squadra».
E perché, secondo lei, lo fa?
«Non lo so. È carattere. Ma alla fine non può fare niente. Anche lui: dove va? Anche nella Lega hanno un po’ preso le distanze».
Certo pure Brunetta non sarà  tanto contento di come è stato apostrofato dal collega.
«Quel “cretino” è emblematico. Brunetta, giustamente, parlava ai nostri elettori. Lui invece parla solo ai mercati».
Non vi siete spiegati nemmeno sulla norma “Salva-Fininvest”.
«Era tutto chiaro».
L’ha fatta mettere lei nella manovra?
«Hanno fatto tutto Tremonti e Alfano. Io nemmeno la volevo. Ma resto dell’idea che sia un provvedimento sacrosanto».
Ma sembra costruita per la sua azienda.
«Niente affatto. La riproporremo in Parlamento. Anche perchè, ne sono sicuro, i cinque magistrati della Cassazione ribalteranno il verdetto». Per un momento recupera il sorriso di un tempo. Si gira ancora verso Bonaiuti e dice: «Paolo, hai visto Milanese (collaboratore di Tremonti ndr)? Richiesta di arresto». Spalanca le braccia e non aggiunge altro. Cerca di cambiare discorso.
Lei dice che va tutto bene, ma ci sono tante inchieste che la riguardano e che vedono coinvolti diversi uomini del suo governo.
«Sa qual è la verità ? È che il partito dei giudici si sta preparando alle prossime elezioni. Tutti cercano dei meriti per farsi candidare. La loro è semplice invidia sociale».
Nell’inchiesta P4, però, le prove ci sono. I documenti sono tanti e il quadro si presenta grave.
«È tutta roba che finirà  nel nulla. Io poi in quell’inchiesta non sono proprio entrato. Quel Bisignani non l’ho mai conosciuto».
Non negherà  il coinvolgimento di Letta?
«Sul dottor Letta posso mettere la mano sul fuoco. Nessuno è più limpido di lui. Gli dobbiamo essere grati, è un lavoratore instancabile».
Ma quell’inchiesta dice ben altro. Fa riferimento ad un uso illecito di notizie riservate.
«È solo fango e finirà  nel nulla».
E anche la Struttura Delta sarebbe solo fango?
«Ma quale Struttura Delta. Se fosse vero, sarebbe una struttura di coglioni. Non hanno condizionato un bel nulla. La Rai ci è sempre stata contro. Le sembra che siamo mai riusciti a farci fare un favore dalla Rai? Nel Cda poi… meglio che non parlo».
È scontento anche della Lei, il nuovo direttore generale?
«Non la conosco e non mi intrometto».
Ammetterà  che la manovra messa a punto da Tremonti non è affatto quella che voleva lei.
«Dobbiamo tenere conto delle circostanze».
Il Pdl è in rivolta, la Lega protesta. La riforma fiscale rischia di saltare e i soldi per finanziarla potrebbero essere utilizzati per saldare il debito.
«Sulle tasse andiamo comunque avanti. È chiaro che la situazione è difficile. Abbiamo cercato soprattutto di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Negli altri paesi lo hanno fatto. Hanno tagliato i dipendenti pubblici e i loro stipendi. Detto questo, la modificheremo: correggeremo il superbollo sulle autovetture e qualcosa sulle tasse la faremo».
E come convince Tremonti?
«Lui è preoccupato dei mercati, lo capisco. Ma io gli ricordo sempre che in politica il fatturato è composto dal consenso e dai voti. A lui il consenso non interessa, a noi sì. Quindi, fermi restando i saldi, noi la manovra la cambieremo in Parlamento».

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