E all’ombra dell’asse franco-tedesco nasce l’agenzia del debito europeo
BRUXELLES. Dopo un anno di esitazioni e mezze misure che hanno portato l’euro sull’orlo del collasso, l’Europa si è decisa a prendere di petto la crisi del debito greco.
Ma soprattutto ha posto solide basi per trasformare il fondo salva-Stati in una vera agenzia europea del debito, dandole gli strumenti necessari per fermare il contagio ed evitare l’assalto dei mercati ai debiti sovrani dell’eurozona. Non siamo ancora agli eurobond preconizzati da Tremonti e Juncker, ma ci stiamo arrivando vicino. «Non potevamo permettere che una situazione difficile, diventasse una situazione pericolosa che mettesse in discussione la sopravvivenza della moneta unica», ha spiegato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy.
Sono stati due i grandi spaventi che, nel giro di pochi giorni, hanno reso possibile questo risultato ancora impensabile poche settimane fa. Il primo è stato l’assalto dei mercati al debito italiano. Quando i Btp sono finiti sotto attacco, tutti in Europa hanno capito che un tracollo dell’Italia sarebbe stato la fine dell’euro e probabilmente anche dell’Unione europea. Il secondo spauracchio è stata la minaccia franco-tedesca di una tassa straordinaria sulle banche per finanziare il salvataggio della Grecia. E’ stato solo con questa pistola puntata alla tempia che la finanza privata ha accettato di assumersi «volontariamente» una parte dell’onere della ristrutturazione del debito greco. E questa, a sua volta, era una condizione che la Germania considerava irrinunciabile per dare il benestare all’operazione.
Complessivamente, la risposta alla crisi che è arrivata ieri dai capi di governo europei riuniti a Bruxelles rappresenta un passo avanti molto importante e manda ai mercati un messaggio chiaro. La Grecia riceve un nuovo prestito di 109 miliardi, che si aggiunge ai 110 già stanziati l’anno scorso.
Visto che l’ammontare totale del debito greco è di 350 miliardi, ormai due terzi della cifra sarà sottoscritto dall’Europa. La ristrutturazione avverrà attraverso un allungamento delle scadenze e una riduzione dei tassi di interesse. Il settore privato contribuirà con 37 miliardi, a cui si aggiungeranno 12,6 miliardi di perdite delle operazioni di riacquisto del debito da parte del fondo. Quel che resterà eventualmente in mano al gioco dei mercati sono soltanto briciole.
Ancora più importanti sono le decisioni prese ieri che fanno del fondo salva stati (EFSF) la vera spina dorsale della futura governance finanziaria dell’Europa. Finora il fondo si limitava a prestare denaro ai Paesi in difficoltà , raccogliendo i capitali sui mercati con l’emissione di buoni garantiti dagli Stati membri.
D’ora in poi avrà tre nuovi campi di azione. Potrà acquistare titoli di debito dei Paesi in difficoltà sul mercato secondario in modo da alleviare la pressione dei mercati. Potrà prestare denaro ai governi nazionali per rifinanziare le banche che ne avessero bisogno. Potrà infine intervenire presso la Banca centrale per garantire la credibilità dei bond che le banche impegnano per ottenere denaro, i cosiddetti collaterali. In pratica, se anche le agenzie di rating dovessero dichiarare un «default» della Grecia a seguito delle operazioni di buy-back, le banche potrebbero ancora utilizzare i bond greci come collaterale per ottenere liquidità perchè garantiti dal fondo.
Di fatto, l’ampliamento dei poteri dell’EFSF crea uno strumento comunitario, garantito dagli Stati membri, che si occuperà della gestione dei debiti nazionali consentendo ai governi in difficoltà di accedere a finanziamenti a tassi più favorevoli perché garantiti dell’insieme dei Paesi europei. Inoltre il fondo potrà intervenire sul mercato anche in aiuto di Paesi che non abbiano fatto ricorso alla procedura di «amministrazione controllata», come è stato finora per Grecia, Irlanda e Portogallo. Tutto questo dovrebbe consentire all’Europa di poter far fronte con maggiore elasticità e in modo più efficace agli assalti dei mercati.
Per arrivare a questo risultato, tutti hanno dovuto accettare di rinunciare a qualcosa. La Merkel ha ritirato il veto all’ampliamento dei poteri del fondo, che costituisce un embrione della creazione di un «debito europeo». La Banca Centrale ha dovuto accettare il coinvolgimento dei privati nel salvataggio della Grecia e il rischio che deriva da una possibile dichiarazione di «default» greco da parte delle agenzie di rating.
La Francia ha dovuto rinunciare alla proposta di una tassa sulle banche. Ma alla fine, anche se molto in ritardo, forse tutta l’Europa avrà guadagnato qualcosa.
Related Articles
Quel richiamo dei piccoli al governo tante amnesie sulle Imprese del Nord
Per dirla con una battuta, per il ministro Flavio Zanonato l’assemblea di martedì sera a Busto Arsizio non è stata un pranzo di gala. In più di un passaggio un’ampia porzione della platea, composta da più di mille artigiani del Varesotto, lo ha contestato.
Madri-lavoratrici, anche la Fornero ha fallito occupazione al 56% contro l’88% maschile
Una ricerca di Red Sintesi fotografa l’immutabilità di un fenomeno tipicamente italiano
Italia nel mirino, Milano perde il 2,8%
Tassi in rialzo all’asta Btp. Parlamento contro le società di rating. S&P declassa Atene