Dove sono le radici della sinistra

by Sergio Segio | 6 Luglio 2011 7:39

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 Il fatto che l’analisi più spietata sulla breve vita del Pd e la proposta del suo superamento venga da colui che ne è stato, insieme a Walter Veltroni, uno dei principali protagonisti conferisce al libro di Goffredo Bettini, Oltre i Partiti (edito da Marsilio) che viene presentato oggi a Roma (h 18.30, Sala Umberto in via della Mercede, con Barbara Palombelli, Andrea Riccardi, Nichi Vendola, Nicola Zingaretti) il valore di un’autenticità  e di un’urgenza che possono essere apprezzate anche da chi non condivide le tesi in esso sostenute.

Impietosa l’analisi di una lunga stagione di “rivoluzioni dall’alto” che, salvo il momento magico del primo governo dell’Ulivo, ha segnato una divisione tra riformismo e popolo, avvitandosi in una serie infinita di evoluzioni tattiche, mediazioni, cambiamenti di nome ma non di sostanza: siamo l’unico paese dove, annota l’autore, invece di cambiare i gruppi dirigenti e mantenere i partiti, dopo le sconfitte, si sono cambiati i partiti e mantenuti i gruppi dirigenti: «Fissità  delle facce, girandola delle formule».
Si tratta di una riflessione che può apparire controcorrente, visti i sondaggi che danno il vento in poppa al Pd. Ma Bettini obietta che sarebbe illusorio illudersi che l’alternativa alla crisi del berlusconismo possa venire da una semplice alleanza di partiti, cementati da un programma di governo, mediato fino alle virgole.
Il programma, dice l’autore, non è nulla, se non è sostenuto da una visione, un comune racconto del mondo. Usa strumenti di analisi inediti per un politico e fa ricorso agli studi del neurolinguista statunitense George Lakoff e del neuropsichiatra italiano Rosario Sorrentino, per sostenere il superamento della vecchia contrapposizione tra ragione ed emozione. Parlare alla «mente politica» è molto più che proporre programmi efficaci e ben ordinati, significa, per il centrosinistra, evocare quel bisogno di riscatto degli umili e degli oppressi che la fine del comunismo sembra aver cancellato ma che invece costituisce l’unica radice possibile di una sinistra, comunque essa voglia denominarsi. Il berlusconismo, con la sua originale mistura di egoismo proprietario e populismo mediatico, ha interpretato una visione di destra in cui si identificava una parte del popolo e ora che se ne intravede la fine _ che non sarà  però lineare né priva di rischi di involuzione ulteriore _ il centrosinistra deve rispondere con un vero cambio di paradigma.
La parole prima dei programmi: «comunità , giustizia, persona, empatia, libertà , autenticità », che vivono in tanti movimenti della società  civile, a cominciare «dallo splendido 13 febbraio delle donne» sono quelle attorno alle quali Bettini propone di ricostruire una proposta. Sono «l’opposto di quelle della destra…individualismo, gerarchia, potere del denaro e della forza, apparenza, indifferenza per chi soffre».
Una radicale innovazione della forma partito: fuori le oligarchie, dentro la «democrazia integrale», ovvero un processo di partecipazione permanente in cui il cittadino sia protagonista, attraverso nuovi strumenti che sottraggano le scelte sensibili alla mediazione dei vertici e li riconducano nelle mani non di una generica base, ma di un tessuto di cittadinanza attiva che concepisce la politica non come attività  a vita, ma come servizio civile alla comunità .
Bettini lancia la sua sfida che ritiene corroborata dal risultato delle elezioni amministrative e dei referendum: a a Bersani e al Pd, che «appare stanco. Può anche risalire di qualche punto in elezioni parziali…ma sta tornando a essere principalmente un residuo del vecchio Pci» . A Sel e a Vendola: un nuovo partitino o la corsa per la leadership del nuovo soggetto politico del centrosinistra? All’Idv e a Di Pietro, se vuole «scongelare le energie che pure ha suscitato in acque più ampie».
Sarà  raccolta? La risposta non può che venire nei prossimi mesi. Intanto però è importante che la sfida sia stata lanciata .

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