Depressione sull’Atlantico

Loading

La maggioranza repubblicana della Camera rifiuta di votare la legge necessaria per portare il limite del debito Usa oltre gli attuali 14.300 miliardi di dollari (circa il 100% del Pil), dopo aver respinto il piano da 4000 miliardi di dollari in dieci anni proposto da Obama per tagliare pensioni e sanità  (ma non la spesa militare, la metà  di quella mondiale) e limitare le deduzioni fiscali.
In tutte le capitali dell’occidente, la preoccupazione principale è rassicurare la finanza. Le banche, salvate dai governi dopo il grande crollo del 2008, hanno ripreso a speculare attaccando il debito degli stati.
Tengono sotto tiro i più fragili paesi della periferia europea – ieri hanno “votato” una sfiducia record contro il governo italiano – ma tengono d’occhio anche i conti fallimentari di Gran Bretagna e Stati uniti.
L’Italia precipita nel vuoto di una politica degna di questo nome. L’Europa annaspa sul debito pubblico – meno di 300 miliardi di euro – di un paese che rappresenta il 2% del Pil dell’Unione. Gli Usa scivolano in un declino annunciato. Nessun governo mette un freno a speculazione e agenzie di rating, nessuno pensa all’economia reale, a che cosa produrre, al lavoro, ai redditi sempre più disuguali.
La nuova grande depressione è già  qui, in questa generale incapacità  di capire come funziona l’economia e nella subalternità  a una finanza irresponsabile. I tagli ai bilanci di Grecia, Italia e Usa fanno cadere ancora di più l’economia e l’occupazione: l’Italia è da anni a crescita zero, Atene vede il Pil cadere del 3%, negli Usa ci sono 14 milioni di senza lavoro. Tutto questo avvita una spirale che aumenta il debito in rapporto al Pil e rende più probabili le insolvenze. Sui due lati dell’Atlantico i politici sono accecati dalla loro stessa ideologia, un tardoliberismo finanziario che ha dimenticato le lezioni sia della crisi degli anni trenta che del boom del dopoguerra, sostenuto dall’espansione della domanda e dal ruolo della stato.
Anziché venire “rassicurata”, la finanza dev’essere messa nelle condizioni di non devastare ulteriormente le economie più ricche del pianeta. Quattro semplici misure, discusse da anni e pronte per essere realizzate, potrebbero cambiare in breve tempo i rapporti di forza, le aspettative dei mercati, ed evitare la depressione che ci aspetta. L’Unione europea potrebbe rilanciare la domanda con l’emissione di 100 miliardi di eurobond, titoli europei garantiti dal bilancio dell’Unione, destinati a finanziare la riconversione a un’economia sostenibile: ricerca, risparmio energetico e fonti rinnovabili, piccole opere pubbliche, tutela del territorio. Il debito pubblico dei paesi dell’area euro può essere garantito dall’Unione monetaria, azzerando così gli spazi di speculazione e definendo poi accordi specifici con le banche più esposte. Le minacce della speculazione si possono ridurre drasticamente con l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie che colpisca per lo 0,05% le operazioni su tutti i mercati finanziari e delle monete. Infine, la creazione di un’agenzia di rating pubblica europea potrebbe mettere a tacere gli annunci interessati delle tre agenzie attuali. Quattro idee che funzionano, al posto del conformismo lacrime e sangue.


Related Articles

“Stress, dolori e gas di scarico”. Così si lavora alla Fca

Loading

Torino. Il rapporto della Fiom su Maserati e Comau: ritmi sempre più veloci sulle linee e paura di denunciare gli infortuni

Spread congelati, economia a pezzi

Loading

In Gran Bretagna la Banca d’Inghilterra assicura il rifinanziamento del debito; crescente, visto che il deficit nel bilancio pubblico è al 7% del Pil, fissando il tasso di interesse e chiudendo il circuito tra la Banca Centrale ed il Tesoro. I titoli britannici non sono quindi volatili e sottoposti a speculazione: gli investitori istituzionali li acquistano, oggi anche con parecchi soldi in fuga dalla Spagna, accettando rendimenti negativi dato che i tassi inglesi sono inferiori all’inflazione.

Taranto, la bella avvelenata

Loading

Accanto all’Ilva di Taranto convivono un porto industriale, una raffineria, due termovalorizzatori, un cementificio, e centinaia di altre attività: un immane complesso industriale è scagliato addosso a una città dalle strutture fragilissime

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment