Debito Usa, trattativa nella notte per alzare il tetto ed evitare il default
NEW YORK – Sono state ore snervanti per gli investitori asiatici. Domenica sera si sono addormentati con le immagini di Tim Geithner e John Boenher, cioè del ministro del Tesoro americano e del capo dell’opposizione repubblicana, che apparivano su posizioni inconciliabili sul deficit e i modi per evitare il default. E si sono svegliati quando il rebus politico non era ancora risolto: anche perché l’impegno di Boehner di annunciare una soluzione prima dell’apertura della Borsa di Tokyo, in modo da scongiurare un tracollo del dollaro e dei mercati azionari, sembrava più una mossa tattica che non un vero e proprio passo avanti nei negoziati. D’altra parte l’annuncio di un piano alternativo da parte del democratico Harry Reid (2.400 miliardi di tagli senza nuove tasse) e un incontro a tarda notte con Barack Obama sembravano aprire spiragli positivi. «Non possiamo permetterci giochi politici spericolati», aveva ammonito il presidente venerdì sera, dopo il tracollo delle trattative con Boehner sul “grande compromesso” e il trasferimento al Congresso della patata bollente. Eppure i repubblicani, pur avendo la maggioranza alla Camera (ma non al Senato), fin qui non hanno fatto grandi sforzi per superare l’impasse. Anche se, sul tappeto, c’è una questione che rischia di appannare il prestigio internazionale e la forza economica Usa: se entro il 2 agosto non sarà alzato il tetto del deficit, la più grande potenza mondiale sarà tecnicamente in default, cioè senza la possibilità di pagare gli interessi sul suo indebitamento, né le spese correnti.
I ministeri di Washington hanno già predisposto piani per far fronte all’emergenza, ma il vero impatto del default si farebbe sentire in giro per il mondo con un rialzo dei tassi, un tracollo del dollaro e una brusca frenata dei tentativi di ripresa economica. «E’ una ipotesi inconcepibile», ha ripetuto ieri il ministro Geithner, ricordando la fragilità della situazione e la gravità della crisi occupazionale americana. E la Casa Bianca ha chiarito: «È impensabile che l’America cessi di onorare i suoi obblighi». Ma la Standard and Poor’s e le altre agenzie di rating non hanno dubbi: senza un accordo sul deficit gli Stati Uniti perderanno la tripla A. In un collegamento telefonico con i parlamentari repubblicani, Boehner ha illustrato il suo piano in due tappe: alzare subito il tetto del deficit, che ora è di 14.300 miliardi di dollari, in modo da evitare il default; e cominciare subito dopo il lavoro sulla riduzione di 3-4.000 miliardi di dollari nel deficit e un rialzo-bis del tetto dell’indebitamento che scatterebbe all’inizio del 2012, diventando così un tema centrale della campagna presidenziale. Il leader della destra sembra disposto ad accettare in prospettiva un aumento degli introiti fiscali di 800 miliardi in 10 anni attraverso l’eliminazione di alcuni aiuti e degli sconti dell’era Bush. Ma non più di questo: anche perché gli esponenti del Tea party, l’ala più conservatrice (e più dinamica) del partito, gli alitano sul collo. D’altra parte Obama e i democratici non possono accettare che il deficit venga ridotto con la riduzione delle spese sociali, senza un contributo dei ceti più ricchi.
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