Debito Usa, si spacca il fronte anti Obama

by Sergio Segio | 28 Luglio 2011 6:08

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NeW YORK – Nel giorno in cui Wall Street sembra finalmente prendere sul serio il rischio di un “default” degli Stati Uniti, e gli indici segnano il calo più sostanzioso dall’inizio della settimana (-1,58% il Dow jones, -2,02% l’S&P 500), il partito repubblicano mette a nudo le sue profonde divisioni interne. L’anti-Obama per eccellenza, il presidente della Camera John Boehner che ha affrontato a muso duro la Casa Bianca rifiutando il compromesso per alzare il debito, viene scavalcato da un’ala del partito ancora più intransigente.
Bohener è costretto a rinviare la messa ai voti del suo progetto: una manovra che secondo lui realizzerebbe tagli di spesa per 1.000 miliardi di dollari in 10 anni, da unire a un modesto rialzo del tetto legale del debito pubblico (di che arrivare solo a inizio 2012). Fino a martedì l’ostacolo principale per quel piano era il veto di Obama: il presidente ha ribadito che il nodo del debito va risolto almeno fino al 2013, cioè dopo le elezioni. Ma da ieri è da destra che viene l’offensiva a Boehner, costringendo il leader repubblicano a lanciare ai suoi un duro richiamo all’ordine. Spiazzato dalla fronda di alcuni simpatizzanti del Tea Party (almeno cinque deputati repubblicani hanno minacciato di non votare il piano-Boehner), il presidente della Camera ha promosso così la sua manovra in un talkshow radiofonico: «E’ la migliore soluzione, tant’è vero che Barack Obama la odia». Un po’ poco forse, tanto più che l’organo indipendente Congressional Budget Office ha bocciato clamorosamente il piano-Boehner: non realizzerebbe affatto i tagli che promette. Boehner è tornato alla carica con i suoi: «Mettetevi in riga, non posso andare avanti se non siete compatti dietro di me». Nella stessa giornata in cui il sistema politico sembrava sempre più paralizzato, un alto responsabile della vigilanza bancaria ha ammonito il Congresso sui costi che un default avrebbe per tutta l’economia reale. «Fareste bene a preoccuparvi”, ha dichiarato David Wilson che dirige l’Office of the Comptroller of the Currency, una delle authority del sistema bancario. Wilson ha ricordato che anche senza arrivare al “default” tecnico, basta che la soluzione adottata da qui al 2 agosto sia considerata insufficiente dalle agenzie di rating, per far scattare il downgrading e quindi un rialzo generalizzato del costo del denaro. Gli ha fatto eco il presidente di Standard&Poor’s che ha respinto «ogni influenza di questo o quel governo sui giudizi di rating riguardo alla solvibilità  dei debitori sovrani».
70 milioni di assegni al mese, è la cifra esatta dei pagamenti effettuati dal Tesoro Usa: quelli che rischiano di fermarsi se non c’è accordo per alzare il tetto legale del debito pubblico. Un piccolo assaggio delle conseguenze sono le tante attività  di servizio negli aeroporti già  costrette a chiudere, perché la Federal Aviation Authority ha esaurito i fondi in cassa (non si tratta di servizi essenziali, per ora, e non ci sono state interruzioni nei voli). Oppure i 3.700 uffici postali in procinto di scomparire per sempre. E’ un declino avviato da tempo quello delle Poste americane, ma questa crisi della finanza pubblica dà  l’accelerazione finale. In molti paesini sperduti chiuderà  l’unica presenza visibile dello Stato.
E nella crisi del debito scendono in campo le chiese. Un’alleanza di gerarchie religiose, dagli evangelici protestanti ai cattolici, riuniti nella coalizione Circle of Protection, lanciano una campagna nazionale: «Niente tagli di spese per l’assistenza ai più poveri», con spot pubblicitari in tv e pressioni sui leader parlamentari della destra. «I poveri non hanno lobby a Washington», è lo slogan della campagna.
La speranza segreta per i mercati è un piano della Federal Reserve per «stampar moneta senza limiti» a partire dal 2 agosto, scongiurando così la cessazione dei pagamenti e il default. Del resto non è detto che sia proprio il 2 agosto il giorno di Armageddon. Rifatti i calcoli sulle disponibilità  di cassa del Tesoro, pare che fino al 10 agosto riuscirebbe ad andare avanti. Fervono i preparativi di emergenza: i fondi comuni d’investimento detti «monetari» stanno accumulando cash per poter far fronte a un assalto dei risparmiatori con riscatti di massa e richieste di liquidità .

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