Debito Usa, Obama pronto al veto “No alla proposta dei repubblicani”
NEW YORK – Barack Obama minaccia l’arma estrema, il veto presidenziale per bloccare il piano dei repubblicani sui tagli al deficit. E’ la conferma dell’impasse totale che rischia di trascinare gli Stati Uniti verso la cessazione dei pagamenti, un default tecnico il 2 agosto. All’annuncio del veto sono passate poche ore dopo che il presidente ha rivolto un appello alla nazione, alle 21 di lunedì, invocando la necessità di un “compromesso” bipartisan sull’innalzamento legale del debito per evitare «conseguenze drammatiche sull’economia». Ma dagli schermi gli aveva risposto a muso duro John Boehner, presidente della Camera dove i repubblicani sono maggioranza: «Niente assegni in bianco». Quella successione dei due discorsi lunedì sera aveva fotografato una situazione che resta così, bloccata.
I repubblicani vanno avanti alla Camera con un piano che prevede un rialzo del tetto legale del debito pubblico, per consentire al Tesoro di onorare gli obblighi (pensioni, stipendi, cedole sui titoli) ma solo per pochi mesi. «Inaccettabile» per la Casa Bianca, ed ecco ufficializzato che Obama userebbe perfino il veto. Non serve che alla voce del presidente si aggiunga quella del neodirettore generale del Fondo monetario, Christine Lagarde che parla di «effetto contagio in tutto il mondo, un default degli Stati Uniti sarebbe devastante». Il danno di questa crisi per l’economia reale viene già stimato a 100 miliardi di dollari: sono gli effetti sul costo del denaro, se arriva il probabile declassamento del rating sovrano degli Usa. Pagheranno coloro che hanno mutui casa, gli studenti che pagano le rette con prestiti bancari, le piccole imprese, come ha avvertito Obama in tv lunedì sera. Quel discorso ha avuto qualche effetto, almeno sull’opinione pubblica. Il primo sondaggio a caldo, effettuato da Ipsos/Reuters, dice che il 31% degli americani dà la colpa della crisi ai repubblicani, contro il 21% che l’attribuisce al presidente democratico. Un discreto successo l’ha avuto anche l’appello del presidente ai cittadini: «Fatevi sentire, se siete d’accordo per la mia soluzione bilanciata ed equa, che affronta il deficit tagliando le spese ma anche chiedendo sacrifici ai più ricchi, ditelo chiamando il vostro rappresentante al Congresso». Risultato: un’ora dopo la fine del discorso di Obama in tv, erano già in tilt sia il centralino del Parlamento sia il sito Internet. Presi di mira soprattutto i repubblicani. Non è dato sapere, però, se le telefonate erano in prevalenza “di sinistra”. Di certo saranno intervenuti anche gli aderenti al Tea Party, il movimento anti-Stato della destra, per intimare ai propri eletti di tener duro. E infatti Boehner all’indomani del duello televisivo col presidente si è trovato sotto attacco, ma da destra. Una pattuglia di deputati repubblicani è uscita allo scoperto per annunciare che non voterà il piano Boehner: secondo loro non contiene tagli abbastanza drastici alle spese sociali. A guidare la fronda interna del partito repubblicano è Jim Jordan, deputato dell’Ohio: «Boehner non ha i voti per approvare la sua manovra». Una mini-secessione della destra più intransigente non fa che complicare il quadro, inasprendo le rigidità delle due parti. Curiosamente, di fronte a un sistema politico così bloccato la reazione dei mercati non è quell’apocalisse che lo stesso Obama ha paventato più volte. Ieri l’unico segnale di paura ha colpito il dollaro: vendite consistenti lo hanno fatto scendere verso l’euro ma soprattutto gli hanno fatto toccare minimi storici verso il franco svizzero e diverse valute asiatiche. Tuttavia non c’è stato un fuggi fuggi pesante dai titoli del Tesoro, e la Borsa di Wall Street ha chiuso con perdite modeste. Al punto che diversi esperti e media criticano il presidente per aver gridato “al lupo” troppo presto. La mancanza di una vera ondata di panico dei mercati finisce per agevolare i repubblicani: rende quasi irreale il clima di emergenza su cui punta la Casa Bianca per raggiungere la necessaria intesa bipartisan.
Come interpretare la relativa calma dei mercati? Alcuni pensano che la data del 2 agosto non sia così tassativa come la presenta Obama perché il Tesoro avrebbe riserve sufficienti a onorare i pagamenti prioritari (soprattutto le cedole dei titoli). Altri investitori pensano che Obama ha in serbo un trucco d’ingegneria istituzionale per alzare il tetto legale del debito aggirando il Congresso. Altri ancora sono convinti che la “sceneggiata politica” finirà prima o poi. Se si sbagliano previsioni rischiano di svegliarsi troppo tardi.
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