De Agostini paga il conto Generali perdita di 551 milioni nel 2010

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MILANO – «Caltagirone è stato più abile». Lo dice Paolo Ceretti, direttore generale di De Agostini che aggiunge: «È riuscito a costruirsi una posizione in Generali nel tempo», sfruttando i cali di Borsa e salendo al 2% del Leone di Trieste. Al contrario De Agostini, dopo la cessione di Toro proprio a Generali, ha investito la sua liquidità , 900 milioni di euro, nelle assicurazioni. Senza immaginare, mentre il mercato cresceva, che il conto sarebbe stato così salato: 197 milioni di perdita secca, frutto della conversione di un equity swap da 600 milioni, 404 di minusvalenza implicita tra il prezzo d’acquisto (25 euro) e quello di Borsa (14 euro). Con il valore della partecipazione del 2,3% in Generali che scende da 900 a 500 milioni.
E se per la misusvalenza lo scorso anno l’impatto si era sentito solo sullo stato patrimoniale, quest’anno l’effetto si è abbattuto anche sul conto economico della holding che ha deciso di svalutare la propria partecipazione. Una svalutazione dovuta, ma che trascina in rosso i conti del gruppo con una perdita consolidata di 551 milioni, su cui pesano partite straordinarie complessive per 632 milioni. «Tuttavia – spiega Ceretti – si tratta in gran parte di valori contabili, l’esborso in contanti si limita a 73 milioni di euro». Anche perché – partecipazioni finanziarie escluse – i conti della società  delle famiglie Drago e Boroli sono in crescita. I ricavi aumentano del 4% a 4,3 miliardi e l’ebitda sale del 9% a 876 milioni. La nota dolente resta il debito cresciuto a 4,5 miliardi, in gran parte legato agli investimenti sostenuti dalla controllata Lottomatica (2,96 miliardi la sua esposizione finanziaria), ma il manager è tranquillo: «Abbiamo messo in sicurezza Lottomatica con un bond da 700 milioni e un rifinanziamento bancario per 1,4 miliardi. La nostra politica è quella di rinegoziare i debiti molto prima della loro scadenza. Parliamo in continuo con le banche». Che assorbono oltre il 50% dell’utile operativo: gli oneri finanziari nel 2010 ammontano a 242 milioni. Il 2011 però è iniziato bene, per la prima volta il gruppo si sbilancia con una previsione per fine anno: «Se le condizioni di mercato non cambiassero i ricavi potrebbero salire a 5 miliardi con uno di ebitda». Intanto, nei primi sei mesi, il valore degli asset è cresciuto da 1,7 a 2,1 miliardi, e Ceretti non chiude la porta a nuove acquisizioni a patto che siano «selettive. Il gruppo non si trasformerà , la nostra identità  è chiara. E comunque vogliamo rientrare del debito che si sta espandendo».
Il focus resta quindi sull’editoria che vale il 31% del fatturato e continua a crescere; sul mondo della comunicazione dove è stata acquisita la casa di produzione inglese indipendente Rdf Media, ma pesa la crisi del mercato pubblicitario in Spagna, dove De Agostini ha il 22,3% di Antena 3. C’è poi la finanza attraverso Dea Capital e soprattutto i giochi con il 59,7% di Lottomatica: «Lo scorso anno – conclude Ceretti – abbiamo rinnovata la licenza Gratta&Vinci, acquistato i diritti per le videolottery e ci siamo aggiudicati la Lotteria dell’Illinois. Il gruppo continua a crescere».


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