Dal Vaticano spinta ai cattolici per un partito d’ispirazione cristiana

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CITTà€ DEL VATICANO — Finita la Dc, la «diaspora» dei cattolici in politica è diventata un dato di fatto. «Un dogma» , buttano lì in sala, e non in senso positivo. Ma ora, attenzione, è finita anche questa fase: tra le «condizioni» per formare la «nuova generazione di politici cattolici» auspicata dal Papa, c’è «il superamento dell’ideologia della diaspora» .
E il vescovo Mario Toso, salesiano assai vicino al segretario di Stato vaticano e confratello Tarcisio Bertone, nonché presidente del pontificio consiglio Giustizia e pace, alza lo sguardo: si tratta di superare anche «il convincimento velleitario» che basti «l’unione morale degli intenti» . Non basta, come dimostra l’ «irrilevanza» dei cattolici «disseminati in varie aggregazioni partitiche» . Serve piuttosto una «unione morale esterna» che «si concretizzi in alleanze trasversali o in partiti di ispirazione cristiana» . Del resto «se non si riesce a riformarli» , i partiti, «bisogna pensare a qualcosa d’altro» .
Sono arrivati in tanti, ieri pomeriggio, ad ascoltare l’intervento del vescovo nel convegno promosso dalla rivista La società  (di cui Toso è vicedirettore) della Fondazione Toniolo di Verona. In platea ci sono politici udc come Buttiglione, Cesa, Pezzotta, Paola Binetti e cattolici del Pd come Fioroni, Bobba, Castagnetti, Gasbarra, Luciana Pedoto. C’è il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e, del Pdl, il solo Pisanu. E se i berlusconiani non si vedono, dicono, è proprio perché lo sfondo è il «crepuscolo» del berlusconismo. «Centrodestra e centrosinistra si stanno sfasciando e il primo che passa rischia di tirarsi dietro l’area dei moderati: bisogna organizzarla» , riassume Buttiglione. Mentre Fioroni, più sfumato, preferisce parlare di un’ «amicizia pensante» tra cattolici. «Non c’è nessuna regia ma una fioritura di iniziative, come un movimento di scapigliati» , sorride la Binetti.
Monsignor Toso contesta le «interpretazioni faziose» dell’incontro «segreto» da lui convocato a fine giugno in una parrocchia salesiana di Roma con politici cattolici: «Ma quale segreto, era una delle tante riflessioni che si stanno facendo: un conto è parlare della situazione, un altro decidere di fare un movimento o un partito. E questo possono farlo solo i fedeli laici» . Ma certo c’è il senso di una svolta necessaria. «Urgono politici meno subalterni alle logiche di partiti personali, autoreferenziali, funzionali a “caste politiche”e staccati dalla società  civile» , scandisce. Prima di toccare un altro punto fondamentale: tra le «condizioni» c’è «l’instaurazione di nuove relazioni tra mondo politico, ecclesiale e civile» . Una frase che consegna alla storia la stagione ruiniana dei «rapporti» tra «vertici» : «Dopo il nesso stretto tra Chiesa e Dc e il periodo in cui si è affermata la teoria della diaspora e vi è stata quasi una separazione tra comunità  ecclesiale e politica, coltivando preferenzialmente rapporti di vertice, occorre pensare a un reale protagonismo del laicato» . Un nuovo partito cattolico? Tocca ai fedeli laici muoversi, dice Toso.
Il vescovo, tuttavia, contesta l’idea che «dopo il Concilio» sarebbe «storicamente e ideologicamente improponibile la nascita di partiti di ispirazione cristiana» . Significherebbe «perpetrare uno scippo ed emettere una sentenza di condanna del laicato cattolico allo stato di minorità  politica, destinato solo a partecipare a partiti che fondano gli altri» . No, ci vuole una riflessione culturale di tutto il mondo cattolico, «vescovi, politici, economisti, giuristi, movimenti, società  civile» , e «senza neutralizzazioni reciproche e manovre meschine» .
Bisogna andare verso un nuovo «codice di Camaldoli» , che nel ’ 43 ispirò la Dc. Un codice è già  pronto: «Il compendio della Dottrina sociale della Chiesa» . Perché non ci siano «popoli divisi tra etica della vita e etica sociale» . E non è necessario «mobilitare» tutti: «A volte conviene giocare su una minoranza qualificata dalle idee chiare» . L’essenziale, conclude Toso, è evitare l’insignificanza: «Perché non immaginare che vi sia, esperita la via della diaspora, anche un’altra soluzione?» .


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