Dal Teatro Valle rinasce una generazione

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Denunciarono una distanza netta e traumatica dalla realtà  narrata da Berlusconi e dalle sue televisioni. Nei miei appunti ho ritrovato anche osservazioni su una «membrana» che separa l’intellettuale dal «reale» e lo imprigiona in un mondo di frammenti, simboli, fantasmi costruiti ad arte per favorire il dolore psichico e neutralizzare il conflitto sociale. A molti il riferimento alla questione generazionale, mescolato con un’argomentazione psicoanalitica, sembrò inadeguato per descrivere una realtà  che, al contrario, ha sfondato i cordoni di sicurezza a Roma il 14 dicembre o a piazza Tahrir. Quella era una testimonianza di impotenza e di autoreferenzialità , esattamente il contrario di quanto i TQ stessi volevano dimostrare. Del resto le lotte generazionali sono sempre ambivalenti: da un lato si chiede ai padri una legittimazione; dall’altro, anche se lo si nega, qualcuno li vorrebbe uccidere. In più questo tema è inflazionato: lo evocano sia il direttore della Luiss Pier Luigi Celli, sia ambienti sindacali legati alla Cgil. Grande è la confusione. Rischiamo di negare a questo concetto le sue potenzialità : dare cioè al mondo una nuova nascita.
Il 14 giugno ricordo l’incontro, rivelatore, con gli intermittenti dello spettacolo che occupano il teatro Valle. L’inquietudine che serpeggiava da tempo tra i TQ ha preso forma spingendoli a una radicale messa in discussione del ruolo testimoniale in cui si eravano confinati più per abitudine che per convinzione. Sin dal primo giorno dell’occupazione abbiamo iniziato a definirci «lavoratori della conoscenza», prima ancora che «autori» forti di un umanesimo civile, ma deboli nella proposta. Ciò ha rafforzato un’intuizione: il problema della conoscenza, e non solo quello dell’intellettuale, può essere affrontato coniugando la difesa dei «beni comuni» (la cultura, il teatro, la scuola) con la ricerca della giustizia sociale (reddito, riforma del welfare, diritto alla maternità ). Il risultato è che nel documento forse più incisivo, quello sugli «spazi pubblici», parliamo di riappropriarci dei luoghi della cultura e di restituirli all’uso comune. Come accade al Valle. E così la «generazione» ha cambiato di senso: in Italia si è rotto un patto sociale che nega a tutti i nati dopo il 1970 il presente, prima ancora che il futuro. Che non è solo quello dell’intellettuale, ma anche dei giovani istruiti, i più inoccupati d’Europa.
In tre mesi, un salto quantico. Non era scontato ed è un processo aperto. Risente però di una trasformazione collettiva in corso, di un atteggiamento critico comune, non solo della volontà  di una «categoria». TQ, da declinare al femminile, è sulla strada di una battaglia necessaria: affermare la vita, e i diritti, anche di coloro che oggi hanno meno di vent’anni. Solo insieme potremo fare rinascere il mondo.


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