Così plancton e foreste divorano CO2 la strana coppia che salverà  il mondo

by Sergio Segio | 18 Luglio 2011 6:59

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Quel che l’uomo sporca con una mano, la natura si sforza di ripulire con due. Un colpo di spugna sulla terraferma lo danno alberi e foreste, l’altro nel mare arriva dalle microalghe che formano il plancton. La vegetazione di terra e di mare mette insieme le sue forze per togliere dalla circolazione l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. La loro unione permette al pianeta di sbarazzarsi di poco più della metà  delle emissioni: 4,6 miliardi di tonnellate di carbonio su 8,7 prodotte ogni anno. Il resto finisce in quel ripostiglio che è l’atmosfera, da dove alimenta l’effetto serra spingendo sempre più in alto il termostato del pianeta.
La prima stima finalmente precisa del bilancio del carbonio sulla terra arriva oggi dal Forest Service americano, che l’ha pubblicata su Science, mettendo in colonna l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili e quella assorbita dalle foreste, calcolata secondo la loro età  e la collocazione geografica. La CO2 catturata dagli alberi è risultata (al di là  delle più ottimistiche previsioni) di poco superiore a quella “inghiottita” dal plancton degli oceani. La terraferma infatti ripulisce ogni anno il pianeta da 2,4 miliardi di tonnellate di carbonio contro le 2,2 delle alghe marine. E a dare il massimo del contributo sono le giovani foreste tropicali, frutto del graduale rimboschimento dell’ultimo decennio che è seguito alla fase precedente di disboscamento selvaggio. La vegetazione tra il tropico del Cancro e quello del Capricorno da sola assorbe il 55% del carbonio catturato dalle foreste. «E se smettessimo oggi di tagliare alberi – commenta Josep Canadell, uno degli autori dello studio – grazie al contributo della vegetazione potremmo arrivare a ripulire la metà  delle emissioni di combustibili fossili».
Se spegnere le motoseghe è la strada ideale per rendere più efficace la spugna della terraferma, per aumentare l’efficienza del plancton in mare non ci sono ancora soluzioni d’oro. Le alghe che nuotano sulla superficie degli oceani, esattamente come le piante sulla terra, assorbono anidride carbonica durante il processo di fotosintesi. Quando poi gli alberi o i microrganismi marini muoiono, il carbonio che contengono finisce nel suolo o sui fondali oceanici: comunque al di fuori di quell’atmosfera ormai sovraccarica di inquinamento. Vari esperimenti scientifici hanno tentato di “concimare” delle zone di mare gettandovi ferro per accelerare la crescita del plancton. Proprio a questi organismi uno studio dell’università  dell’Ohio pubblicato a febbraio su Pnas ha attribuito il merito di aver reso in tempi antichi l’atmosfera terrestre respirabile. Scatenando una sorta di effetto serra al contrario, il plancton 500 milioni di anni fa avrebbe provocato un ritorno massiccio dell’ossigeno dopo le estinzioni di massa dell’era cambriana, permettendo alla vita di rifiorire.
Le misure del carbonio assorbito dopo gli esperimenti odierni di “concimazione” del mare non hanno dato risultati soddisfacenti, mentre gli abitanti del mare diversi dalle alghe hanno mostrato segni di intossicazione. Sulla terra invece la spugna delle foreste ha mostrato un fenomeno paradossale: un’atmosfera più ricca di CO2 migliora la respirazione delle piante e quindi ne accelera la crescita. Lo studio di Science sottolinea positivamente anche l’espansione delle foreste causata dall’abbandono di terre agricole in Russia e l’intervento massiccio della Cina per piantare nuovi alberi nelle zone che erano state disboscate in precedenza, mentre negli Usa tra 1990 e 2007 (il lasso di tempo coperto dallo studio) la vegetazione ha subito i colpi di caldo, siccità  e incendi. «Anche se le foreste ci danno una mano – concludono i ricercatori – ridurre le emissioni di gas serra resta l’unica ipotesi sul tavolo».

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