Cina, mistero sulla morte di Jiang Zemin

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Jiang Zemin, vivo o morto? Per ventiquattro ore la notizia del decesso di quello che è stato per tredici anni, dal 1990 al 2003, l’uomo più potente della Cina riassumendo in sé tutte le cariche possibili e immaginabili, è rimbalzata sulla rete, non ufficialmente smentita, semi ufficialmente annunciata da un’emittente di Hong Kong, infine bloccata, nel senso che è scattata la censura e non si può digitare il suo nome, tutte le ricerche che potrebbero coinvolgere notizie sulla sua sorte sono state bloccate (e anche quelle sui fiumi, visto che Jiang in cinese vuol dire appunto fiume). Ma proprio questa cautela nel dare l’annuncio è inequivocabile segno che il trapasso è ormai avvenuto. Già  si dava per quasi certa la sua scomparsa, o un suo grave stato di malattia, quando il primo di luglio Jiang non si è presentato ai festeggiamenti per i 90 anni della fondazione del Partito comunista cinese assieme agli altri ottuagenari della Terza Generazione di Leader della Cina (la Prima è quella di Mao, la Seconda di Deng Xiaoping e al potere ora c’è la Quarta).
È molto probabile che siano in corso consultazioni ai vertici per stabilire come e con quale risalto debbano essere organizzate le sue esequie, forse perché ancora non si è giunti a un accordo unanime sul suo operato in questi anni e si attende quindi di vedere come l’agenzia ufficiale Xinhua darà  l’annuncio. È indubbio però che Jiang si è conquistato un posto di rilievo nella Cina delle riforme economiche. Primo leader senza un passato rivoluzionario o un background militare, Jiang si è laureato in Cina nel 1947 in ingegneria e, nel 1949, si è recato a Mosca per un corso di specializzazione. Negli anni Sessanta è stato a capo del Ministero dell’Industria elettronica e ha subito violenti attacchi dalle Guardie Rosse.
Passata la bufera, lo vediamo salire nei ranghi della burocrazia comunista fino a diventare segretario del partito della municipalità  di Shanghai, posizione che occupava nel 1989 quando gli studenti scesero in piazza anche nella città  da lui amministrata. Jiang però seppe domare pacificamente la protesta al contrario di quanto successe invece a Tiananmen. Fu per questo che Deng Xiaoping lo volle a Pechino. Con il declino della salute di Deng che dietro le quinte continuava a guidare la politica del paese, Jiang che da molti era considerato un uomo di transizione, rafforzò la sua base di potere intessendo alleanze e liberandosi dei rivali. In quegli anni si creò potenti nemici, ma nel contempo elevò alle più alte cariche persone a lui fidate per la maggior parte provenienti da Shanghai al punto che a Pechino si diceva che ormai le riunioni del Politburo si svolgevano in dialetto shangaiese.
A Jiang Zemin si deve il merito di aver continuato nella politica di apertura dell’economia cinese senza aver provocato scossoni eccessivi anche se il suo stile si è mantenuto quello di un vecchio burocrate comunista, ossessionato da campagne ideologiche fine a se stesse, mentre altre campagne da lui lanciate come quella anti-corruzione, definita «battere duro» non si è rivolta soltanto contro criminali comuni di ogni sorta (in questa operazione sono state eseguite 3.500 condanne a morte) ma ha colpito anche “secessionisti” in Tibet, Xinjiang e Mongolia Interna.
Sua è la teoria delle “Tre Rappresentanze”, salutata con enfasi e squilli di tromba degni dell’epoca di Mao, in cui sostiene che il partito comunista rappresenta anche «le forze produttive avanzate», in altri termini i capitalisti emergenti e che si rivela essere una velata giustificazione dell’alleanza tra burocrati del partito e affaristi che oggi governano la Cina. Molto discusso ma mai seriamente contestato, almeno palesemente, Jiang ha dato le dimissioni da segretario del partito nel 2002 e da presidente nel 2003, all’età  di 76 anni. Da allora si è visto in pubblico raramente anche se ha continuato a esercitare una certa influenza nel complesso panorama della politica ai vertici. Forse nei suoi legami ancora saldi con esponenti di alcune delle correnti dell’attuale potere che vorrebbero condizionare il giudizio sulla sua persona, va ricercato il motivo del ritardo e della censura sulla rete della notizia della scomparsa di un leader che ha governato la Cina negli anni più caotici e contraddittori del suo sviluppo.


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