”Cie, monumento alla violazione della Costituzione”. Parlamentari a Ponte Galeria

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ROMA – “I Cie sono un monumento alla violazione della Costituzione, come un treno deragliato con esseri umani che non vanno da nessuna parte”. E’ quanto ha affermato Furio Colombo, parlamentare del Pd, a capo del Comitato Diritti umani della Camera, all’uscita dal Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, dove si è recato con una delegazione di parlamentari dell’opposizione composta anche dai democratici Livia Turco, Rosa Villecco Calipari, Andrea Sarubbi, Vincenzo Vita. E dal parlamentare dell’Idv Francesco Pardi.
La mobilitazione a Ponte Galeria ha fatto parte della giornata “LasciateCie entrare”, con sit-in in tutta Italia.

Dopo la visita, i parlamentari hanno chiesto l’abrogazione della normativa Bossi-Fini e dell’intero pacchetto sicurezza, la rimozione del divieto all’accesso per i giornalisti (istituito con la circolare del ministero dell’Interno n.1305 del 1° aprile), la costituzione di un pool di avvocati disposti gratuitamente a patrocinare le cause dei singoli migranti detenuti e di un pool di giornalisti che monitori i Cie. I deputati si sono anche impegnati a continuare in maniera costante le ispezioni nei centri per migranti.

“La situazione che abbiamo trovato è quella tipica dei Cie, le persone non sanno quale sarà  il loro futuro, dentro il tempo è eterno e le tensioni sempre più alte con la detenzione a 18 mesi”, ha affermato Rosa Calipari.
Nel Cie di Ponte Galeria “non si può leggere perché anche i libri costituiscono un pericolo alla sicurezza: potrebbero essere incendiati. Le persone non hanno commesso reati ma è peggio di un carcere”, secondo il deputato Andrea Sarubbi.

“Il 60% dei reclusi è passato prima dal carcere e qui sconta un’altra pena aggiuntiva perché in carcere non è stato identificato, i consolati non rispondono e le persone restano nel limbo”, ha detto Francesco Pardi.
Tante le problematiche riscontrate dalla visita della delegazione: mamme separate dai bambini, persone da rimpatriare in Paesi che non hanno mai visto oppure dopo 10 anni che lavorano in Italia e si sono versati i contributi. Al lungo elenco fatto dagli stessi deputati dopo la loro ispezione, si aggiunge la questione di persone detenute anche se provviste di passaporto. E l’impossibilità  di far valere all’esterno le proprie ragioni.
“Siamo riusciti a interrompere uno sciopero della fame – ha affermato Sarubbi – ma  siamo stati assaliti dalle carte. Ognuno ci segnalava il suo caso perché non c’è fiducia negli avvocati di ufficio”. (rc)

 

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