Assalto al cantiere della Tav sassi e lacrimogeni, 400 feriti

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CHIOMONTE. Una domenica di guerriglia per dire «no» al supertreno in Val di Susa. Avevano promesso una marcia pacifica.
Un assedio «a mani nude e a mani pulite» contro il primo cantiere dell’alta velocità  Torino-Lione. A fine giornata si contano quasi 200 feriti tra le forze dell’ordine. Altrettanti tra i manifestanti. E con molta probabilità  non si tratta dei black bloc che, arrivati da tutta Italia e dall’estero, in particolare Francia, Spagna e Inghilterra, hanno preso il sopravvento, macchiando un corteo di oltre 70 mila persone (secondo gli organizzatori, la questura parla invece di appena 6 mila partecipanti) .
Tre punti di raccolta per le diverse anime del movimento, ognuna con percorso e regole d’ingaggio chiare. Dal forte di Exilles parte la marcia “più sicura”, davanti gli amministratori locali con le fasce tricolori, subito dietro i bambini con i palloncini colorati. Poi le donne, i vecchi che in questi anni tante volte hanno marciato contro la Tav. Da giorni però si diceva che non sarebbero stati soli e i problemi sarebbero arrivati dalle montagne. Così è stato. Gli infiltrati violenti si sono mischiati prima con la gente che sfilava in corteo, poi si sono staccati per tentare la presa del cantiere.
Alle 10.15 la prima marcia che parte è quella da Giaglione, a Sud della Maddalena, più di tre mila persone che si inerpicano lungo una mulattiera e non appena incontrano gli sbarramenti della polizia deviano lungo i sentieri per riconquistare il vecchio presidio. Tra di loro numerosi cattivi. Da Exilles, a Nord di Chiomonte, alle 10.30 parte la marcia con il bollino dei buoni, aperta dalle famiglie. Anche su questo fronte non mancano i cattivi che un’ora dopo, prima di arrivare alla centrale, si staccano in migliaia e deviano verso Ramats, una frazione sui monti, per scendere dai sentieri e trovarsi faccia a faccia con le forze dell’ordine che difendono il fortino. Un blitz riuscito che dà  la carica agli altri. Sono da poco passate le undici quando dal corteo partito da Giaglione arrivano a dare manforte al gruppo di Ramats. Altre pietre e bombe carta, in risposta fumogeni e idranti per allontanarli. Doveva essere una merenda pacifica alla “Baita” riconquistata, dove si ritrovano in migliaia: nel giro di un’ora il vecchio presidio si trasforma nell’infermeria No-Tav. E l’assedio dei 400 dell’ala dura continua per ore. Alle 15 un nuovo fronte, sul lato di Chiomonte, alla centrale elettrica. Le forze dell’ordine si difendono, vogliono evitare un nuovo G8, non danno la carica e rimangono asserragliate dentro le loro linee.
Che le cose possano finire male si è capito quasi subito. I megafoni degli organizzatori urlano decine di volte ai manifestanti di proseguire e non fermarsi nel budello di fronte alla centrale. Dalla montagna arriva il fumo dei lacrimogeni e bisogna fare andare via la brava gente e i bambini. Alle 13.30 arriva Beppe Grillo, gran parte dei manifestanti sta andando verso il campo sportivo, ma il comico può contare su un pubblico numeroso. E butta benzina sul fuoco: «Queste sono prove tecniche di dittatura», guardando il filo spinato e le recinzioni delle forze dell’ordine. Tempo mezz’ora i No-Tav aprono un varco. C’è ancora tanta Val di Susa, ma a fronteggiare muso a muso la polizia restano 200 black bloc. Da un lato arrivano sassi. La polizia risponde con una pioggia di lacrimogeni. Sui tornanti che risalgono Chiomonte migliaia di persone guardano applaudendo. C’è però chi non ci sta e rivendica la natura pacifica della giornata. A ricucire prova il presidente della Comunità  montana, Sandro Plano, che richiama la sua gente: «Abbiamo tentato in tutti i modi di evitare gli scontri, quelli lì non hanno niente a che vedere con noi e non li controlliamo». Di tutt’altro avviso il commissario per la Tav Mario Virano: «Oggi è andata in frantumi la legittimazione morale dei No-Tav come movimento pacifista. Gli infiltrati sono stati invitati. Erano la loro testa d’ariete». Gli risponde a distanza Alberto Perino, leader del movimento: «Tutte balle – dice – è stata una grande vittoria. I black bloc sono un’invenzione. La polizia ha lanciato sassi e fumogeni contro i nostri ragazzi. Abbiamo le foto. Ma non finisce qui. Torneremo».


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