Arriva la «lega dei braccianti»

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Il grido emesso dai lavoratori stranieri era talmente semplice da rasentare la banalità : le arance e i mandarini non cadono dal cielo, ma vengono raccolti da un segmento della forza lavoro particolarmente esposto ai soprusi dei caporali e delle aziende ed ai ricatti di una legislazione in tema di flussi migratori schiettamente vessatoria e proibizionista. Una constatazione che, almeno per un istante, ha acceso i riflettori su una realtà  spesso occultata e sottaciuta, ovvero il legame esistente tra competitività  della nostra agricoltura sui mercati globali e la compressione selvaggia del costo del lavoro.
Se i mandarini e le arance non cadono dal cielo, lo stesso avviene per le angurie e i pomodori della zona di Nardò, centro urbano della provincia di Lecce che ogni estate vede centinaia di braccianti (prevalentemente tunisini e subsahariani) impiegati nella raccolta. Proprio a Nardò, presso la Masseria Boncuri, da due anni l’associazione pugliese “Finis Terrae” (impegnata nella difesa dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo) e la Federazione delle Brigate di solidarietà  attiva gestiscono, in partenariato con le istituzioni locali, un campo di accoglienza per i lavoratori stagionali che cerca, con risultati significativi, di coniugare ospitalità , assistenza legale e sanitaria e tutela dei diritti dei braccianti. Ed è proprio da Nardò che le due associazioni hanno lanciato la campagna “Ingaggiami contro il lavoro nero”.
Un progetto ambizioso che vorrebbe creare una nuova “lega dei braccianti”. Lo slogan della campagna risalta sulle centinaia di magliette indossate dagli stagionali nel neretino e sul materiale informativo che verrà  distribuito nei numerosi centri dell’agricoltura, non solo meridionale. Orientamento legale e sanitario, informazioni sui diritti esigibili sul luogo di lavoro (dai vantaggi sindacali e contributivi connessi all’ingaggio alla questione fondamentale dell’accesso all’acqua potabile nei fondi agricoli) e recapiti delle differenti realtà  politiche, associative e sindacali che possono offrire tutela e servizi a queste migliaia di lavoratori che si spostano seguendo i ritmi dell’agricoltura. Una massa di migranti che, se può evocare suggestioni lontane nel tempo e nello spazio (dagli hobos di John Steinbeck e Woody Guthrie ai cafoni di Giuseppe Di Vittorio e Tommaso Fiore, passando per i «dannati della terra» di fanoniana memoria), ci parla del presente del nostro Paese e del suo tessuto economico e produttivo.


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