by Sergio Segio | 29 Luglio 2011 7:38
È un vecchio pallino della Lega e in particolare del ministro degli Interni Roberto Maroni che prova a inserirlo dal 2009. Ieri, finalmente per lui, c’è riuscito e il permesso di soggiorno a punti comincia a diventare una realtà .
La novità è inserita in un Dpr varato dal consiglio dei ministri che istituisce una sorta di patto di integrazione tra l’immigrato presente nel nostro paese e lo Stato. Nel momento in cui richiede il permesso di soggiorno, al cittadino straniero viene assegnata una dotazione di 16 punti e avrà due anni di tempo per dimostrare di avere acquisito nozioni sufficienti sia della conoscenza civica che della cultura italiana, nonché di saper parlare e comprendere bene la nostra lingua. A dire la verità , per far sì che tutto questo sia possibile, non è che lo Stato faccia poi molto: all’immigrato viene assicurato un corso di formazione civica della durata compresa tra le 5 e le 10 ore al termine del quale dovrà sottoporsi a un test che valuterà quanto ha appreso del nostro stile di vita. Anche attraverso i crediti che si è saputo guadagnare nel biennio precedente. Perché possa ottenere il permesso di soggiorno, infatti, ai 16 crediti iniziali ne dovrà aggiungere altri 14, in modo da arriva ai 30 necessari per poter effettuare il test. Se non ce la fa, se invece di 30 riesce ad arrivare a 20 o 25, avrà una proroga di un anno. Se invece resta ai 16 iniziali o, peggio, perde qualche credito, verrà espulso immediatamente. «E’ una novità importante che va nel senso della responsabilizzazione e dell’integrazione dello straniero», ha spiegato Maroni negando che si tratti di uno strumento punitivo nei confronti degli immigrati. «E’ un’innovazione molto rilevante sulla gestione dei flussi di cittadini stranieri».
Il permesso di soggiorno a punti dovrà essere richiesto da tutti gli immigrati con età superiore ai 16 anni che entrano per la prima volta in Italia. La decurtazione dei punti avviene in caso di mancata frequenza dei corsi e nei casi di condanna penale anche non definitiva, di sottoposizione a misure di sicurezza personali, anche in via non definitiva, di commissione di gravi illeciti amministrativi o tributari. Sono esclusi dall’obbligo di sottoporsi al test i minori di 16 anni, quanti presentano una richiesta per un permesso di soggiorno inferiore a un anno, gli stranieri che presentano patologie o handicap tali da limitare gravemente l’autosufficienza o da determinare gravi difficoltà all’apprendimento linguistico e culturale e le vittime della tratta, di violenza o grave sfruttamento, per le quali l’accordo è sostituito dal completamento del percorso di protezione sociale.
Sì all’integrazione e all’insegnamento della lingua Italia «ma senza mettere il cittadino straniero sotto esami continui facendolo sentire immigrato per sempre o cittadino momentaneo di passaggio». E’ il giudizio espresso sul permesso di soggiorno a punti da Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici stranieri italiani. Critiche alla provvedimento sono invece arrivate dall’opposizione. Per il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della commissione Affari europei di palazzo Madama, «bisogna evitare che il permesso a punti diventi l’ennesimo ostacolo della maggioranza, sotto la spinta della Lega, per limitare il numero degli immigrati. Temo che si vogliano solo mettere dei paletti per una reale integrazione degli immigrati nel nostro paese». Duro il commento dell’Italia dei valori. «Il cosiddetto accordo sull’integrazione degli immigrati – ha detto Fabio Evangelisti – è solo un altro bluff di un governo che pensa di risolvere problemi così seri con palliativi come questo che assomiglia, più che altro, a una patente a punti con tanto di crediti che lo straniero deve totalizzare per non essere espulso».
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