Arresto di Papa, contrordine di Bossi “Niente manette prima del processo”

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ROMA – Venerdì «in galera», sabato «no». Bossi cambia idea su Papa in 24 ore. Berlusconi deve averlo convinto. Dice a Venezia: «Se ha commesso dei reati paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto è da galera o no». E ancora: «Mai le manette se prima non si fa il processo». Poi in flashback: «Ricordare il tempo di Craxi? Far andare in galera uno non ancora condannato non è servito a nessuno, tranne a far entrare in politica Di Pietro». Dopo il sì della giunta all’arresto e la tensione tra Pdl e Lega, si tratta di una svolta. Che cambia la giornata di Alfonso Papa. Aperta dal Csm e dalla sezione disciplinare. Che, dopo averlo ascoltato, lo sospende dalle funzioni e dallo stipendio di toga. Perché, fuori dalla magistratura in quanto deputato, ci tornerebbe se l’attuale ruolo dovesse cessare. Papa si difende a palazzo dei Marescialli con le stesse parole con cui fuori cerca di tutelarlo il pidiellino Maurizio Paniz. Dice: «Perché i miei ex colleghi di Napoli non mi hanno voluto interrogare? Io gliel’ho chiesto». È il puntello del fumus che Paniz teorizza da settimane. Su cui tuttora si attesta. «Quando un parlamentare, incensurato, magistrato, chiede a un pm per cinque volte di essere ascoltato perché in grado di fornire elementi documentali per scardinare l’accusa, e il pm si rifiuta di sentirlo, la risposta è inequivocabile». Di mattina l’avvocato di Belluno consiglia a Bossi «di leggere le carte», a sera pare proprio che il Senatùr l’abbia fatto.
Mancano quattro giorni allo showdown di mercoledì. Quando a Montecitorio si voterà  su Papa. In vista di quell’appuntamento, maggioranza e opposizione si esercitano su un solo tema, il voto segreto. Chi lo chiederà ? Servirà  per salvare Papa o lo precipiterà ? Dubbi mentre parte il primo ricatto incrociato. Quello che un’autorevole fonte del Pdl riassume così: «Sia chiaro che se passa l’arresto di Papa, dopo qualche giorno, al Senato, noi voteremo per le manette a Tedesco». Alberto Tedesco, senatore dalemiano del Pd, finito nell’inchiesta sulla sanità  di Bari, che i pm di lì vogliono arrestare. In bilico da 5 mesi. In giunta non hanno votato. Il Pdl ha detto no all’arresto. Con Papa a Poggioreale potrebbe cambiare idea. Il capogruppo Pd alla Camera Enrico Franceschini non ci sta: «Non c’è mezzo deputato del Pd che ha dubbi: voteremo compatti per l’arresto».
Eppure è proprio il voto segreto il grande alleato di Papa e del Pdl. Saranno loro, i berlusconiani, a chiederlo ufficialmente. Con una motivazione, dal loro punto di vista, ineccepibile. Che sulla libertà  di una persona si ha diritto di votare nel segreto dell’urna. Lì il Pdl è certo di potersi prendere, e lo dice, «i voti dei dalemiani che vogliono salvare Tedesco», quelli dell’Udc «da sempre garantista», e almeno di una parte della Lega, dove Bossi parla di «galera» solo perché Maroni ha fatto il muso duro. Il dissenso cova pure lì. Tant’è che il leghista Paolini, uno della giunta, ipotizza che in segreto possa anche finire non come vuole Bossi.
Le opposizioni già  bocciano l’escamotage. «È un comodo modo per rifugiarsi nell’ambiguità » per la Pd Donatella Ferranti. «Se lo salveranno che fine farà  il “partito degli onesti” tanto sbandierato da Alfano che su questa vicenda è stato più un fantasma che un segretario?». Se lui tace, parlano i suoi. Un tam tam per difendere Papa. La pancia del Pdl si muove. Soprattutto in vista di altre, possibili grane giudiziarie, in arrivo a Montecitorio. «Salvare Papa per salvare tutti noi» è lo slogan. Osvaldo Napoli: «Processato e condannato dai giornali: è giustizia un tritacarne simile? No al rullo compressore sui diritti della persona». Anna Maria Bernini: «Il nostro dovere di parlamentari non è agitare il cappio alla ricerca di facili consensi». Luigi Vitali: «Uno spettacolo desolante animato da sciacalli che vogliono veder scorrere il sangue dell’avversario politico». Amedeo Laboccetta. «Non ci sono i presupposti per l’arresto di Papa». Giancarlo Lehner: «Titillare la piazza non è mai giusto, ricordiamo che il popolo preferì Barabba a Gesù». Margherita Boniver: «Mi auguro prevalga una maggioranza garantista». Nunzia De Girolamo: «Mi atterrò alle indicazioni del gruppo». E Berlusconi ha già  detto che su Papa si nota no alle manette.


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ROMA — Nessun commento roboante per l’improvviso cambio di scenario. Nessuna staffilata intransigente sullo sconfitto del giorno. E nessuna autoattribuzione di vittoria, che molti non a caso intestano proprio a lui più che all’asse Letta-Alfano, tanto da ribattezzare questo come un esecutivo «del presidente».

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