Argentina: ancora lontano il diritto alla salute delle donne immigrate boliviane

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità  (OMS) definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale che non consiste soltanto nell’assenza di malattie o infermità . Il possesso del migliore stato di sanità  che si possa raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica e sociale. I Governi hanno la responsabilità  della sanità  dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate”.

 Se la maggioranza delle carte costituzionali riconosce il diritto d’accesso alla salute a condizione di parità  per ogni individuo presente sul territorio nazionale, senza distinzione di sorta alcuna, è indubbio come fattori economici, sociali, culturali e strutturali possano nei fatti essere causa di un differenziato accesso a tale fondamentale diritto. In Argentina, la legge n.25871 del 2004 è considerata come una delle più innovative in materia di migrazione: essa riconosce la migrazione come un diritto umano, essenziale ed inalienabile, che reca con sé il diritto all’accesso alla salute e alla cura, ivi compresa la salute sessuale e riproduttiva, in condizioni di assoluta uguaglianza e parità  di trattamento tra nativi ed immigrati. Recita l’articolo 8: “Non è permesso in nessun caso negare o restringere il diritto alla salute, all’assistenza sociale o all’attenzione sanitaria a tutti gli stranieri che lo necessitano, a prescindere dalla loro situazione migratoria”.

 

Lo studio “Salute e immigrazione internazionale: le donne boliviane in Argentina” (in .pdf) realizzato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) analizza un settore sociale caratterizzato da una complicata applicazione del diritto universale in questione: quello, come dice il titolo stesso, delle donne immigrate dalla Bolivia all’Argentina. La scelta dello studio è ricaduto su queste ultime poiché quella boliviana è una comunità  che presenta uno degli indici più alti di migrazione in Argentina, caratterizzata da una elevata presenza femminile tra i propri migranti, soprattutto donne tra i 15 ed i 29, vale a dire nel pieno dell’età  fertile.

 

Si tratta in generale di un gruppo sociale povero, dove prevale il lavoro precario ed informale, al livello più basso della gerarchia occupazionale, con scarso diritto all’assistenza sociale e un minore livello di educazione rispetto alla popolazione autoctona. Soprattutto all’inizio del processo migratorio, la comunità  boliviana in Argentina si concentra prevalentemente in aree urbano-marginali, carenti di infrastrutture e servizi basici.

 Le donne, in particolare, soffrono di un ulteriore difficoltà : non solo quella di essere immigrate, e per di più immigrate boliviane, vittime di discriminazione e pregiudizio, ma soprattutto quella di essere per l’appunto donna. Lo studio UNFPA ha calcolato come le donne boliviane in Argentina presentano un tasso di maternità  non desiderata ampiamente sopra la media, un utilizzo di misure anticoncezionali basso ed inadeguato e una scarsa propensione ad intraprendere percorsi di gravidanza assistita. Mancanza di educazione sessuale e violenza familiare sono tra le concause di un alto grado di maternità  adolescenziale, frutto anche di un fattore culturale.

Nonostante la legge 25871 riconosca loro pieno accesso alle strutture ospedaliere, si registra uno scarso ricorso a queste ultime da parte delle gestanti boliviane. Ciò è conseguenza, secondo lo studio, di un congiunto di fattori, tra i quali la mancanza di consapevolezza dei propri diritti da parte delle donne boliviane, un maschilismo ancora molto presente all’interno delle famiglie in questione e un atteggiamento dimesso e passivo delle gestanti stesse. Non sono pochi i casi registrati di donne che non possono fruire di una visita ginecologica poiché il marito non permette loro di farlo. Non solo: accanto all’elemento socio-culturale delle famiglie boliviane, esistono barriere di tipo comunicativo, che si manifestano in particolar modo nei confronti delle donne che provengono dalle zone rurale, in molti casi analfabete o parlanti dialetto quechua. Ciò impedisce l’instaurarsi del necessario rapporto di fiducia e confidenza tra medico e paziente.

Va sottolineato inoltre come siano ancora carenti le politiche pubbliche orientate specificamente a facilitare l’accesso alla salute degli immigrati, in particolar modo quelli più poveri ed emarginalizzati. Q’Amasan Warmi (“Forza di Donna”) è un’associazione senza scopo di lucro formata da donne boliviane a Buenos Aires, nata con il fine di creare una coscienza comune rispetto alle problematiche di queste ultime, come donne e come immigrate, in particolar modo informando sui diritti che la legge argentina riconosce a tutte le immigrate, a prescindere dal loro situazione migratoria. La stessa UNFPA ha appoggiato l’associazione, co-promuovendo la “Campagna per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne immigrate”.

* inviato di Unimondo


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