Amnesty: le famiglie delle vittime del genocidio di Srebrenica aspettano giustizia
“Molti dei presunti autori dei crimini continuano a vivere nelle stesse comunità delle loro vittime e dei loro familiari”- sottolinea l’associazione nel ricordare che mentre alcune autorità in Bosnia ed Erzegovina continuano ad attaccare il sistema giudiziario, resta sconosciuta la sorte di circa 10mila persone scomparse forzatamente a Srebrenica e in altri posti della Bosnia ed Erzegovina”. La Sezione Italiana di Amnesty International ha ricordato ieri il genocidio di Srebrenica con un gesto simbolico: una consegna di fiori all’Ambasciata di Bosnia ed Erzegovina.
Il 10 luglio 1995, nel corso della guerra della Bosnia ed Erzegovina, le forze serbo-bosniache attaccarono l’enclave di Srebrenica, dichiarata “zona protetta” dalle Nazioni Unite e in cui migliaia di musulmani bosniaci avevano trovato rifugio. Dopo la presa di Srebrenica, le forze serbo-bosniache separarono dal resto della popolazione per poi ucciderli deliberatamente almeno 7000 uomini e ragazzi bosniaco-musulmani. Alcune donne furono stuprate. Quanto successo a Srebrenica 16 anni fa è stato descritto come la peggiore atrocità commessa in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale ed è stato riconosciuto come genocidio dal Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia e dalla Corte internazionale di giustizia.
Amnesty International ha accolto con favore i progressi verso la giustizia realizzati negli ultimi anni. La gran parte dei leader politici e militari di alto rango, che sarebbero responsabili dei crimini commessi a Srebrenica, compresi tra gli altri Radovan Karadzic e Ratko Mladić, è comparsa davanti al Tribunale. “Tuttavia – nota l’associazione – con la prossima chiusura dello stesso, le autorità locali hanno la responsabilità di portare davanti alla giustizia i restanti responsabili e assicurare l’accesso alla verità e alla riparazione per le vittime e i loro familiari”.
“Le autorità di Bosnia ed Erzegovina hanno fatto poco per accrescere la capacità della giurisdizione domestica di indagare a perseguire i crimini internazionali” – denuncia Amnesty. “Diverse personalità politiche di primo piano dell’entità semiautonoma della Repubblica Srpska hanno elogiato a più riprese gli autori del genocidio di Srebrenica e di altre persone che, come Radovan Karadzic e Ratko Mladic, sono accusate di esserne responsabili. Gli attacchi verbali contro il sistema giudiziario e la negazione dei crimini internazionali, compreso il genocidio di Srebrenica del 1995, da parte di politici del paese di alto rango minano gli sforzi del paese di indagare e perseguire i presunti autori di questi crimini e continuano a violare il diritto delle vittime alla giustizia, alla verità e alla riparazione”.
Inoltre, l’organizzazione per i diritti umani è preoccupata per l’elevato numero di casi pendenti, circa 1300, relativi a crimini commessi durante la guerra. “Le autorità locali hanno ripetutamente ostacolato l’attuazione della Strategia ufficiale d’azione in materia di crimini di guerra, adottata nel 2008 per ottimizzare il funzionamento della giustizia. Alcune inchieste efficaci non hanno avuto luogo, le famiglie delle persone scomparse non sono riuscite ad avere informazioni sulla sorte dei loro cari né sul luogo dove si trovano. La Legge sulle persone scomparse, che prevede la creazione dell’Istituto nazionale delle persone scomparse, del Fondo di sostegno alle famiglie delle persone scomparse e del Centro dati delle persone scomparse, non è stata pienamente attuata, privando le famiglie della possibilità di avere accesso alla riparazione, compreso un risarcimento”.
Amnesty International chiede alle autorità di Bosnia ed Erzegovina di agire in conformità alla Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone contro le sparizioni forzate, insieme di principi che si applicano a tutti gli stati, di ratificare la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate e di introdurla nel diritto nazionale. Infine, Amnesty International ha chiesto alla comunità internazionale di supportare la Bosnia ed Erzegovina al fine di migliorare il funzionamento della giustizia e di garantire il rispetto dei diritti umani.
Nei giorni scorsi, Amnesty ha salutato positivamente la sentenza della Corte d’appello olandese che ha giudicato l’Olanda responsabile della morte di tre musulmani bosniaci durante il genocidio compiuto nel 1995 a Srebrenica. La sentenza del tribunale sottolinea che le truppe olandesi erano state già testimoni di “molteplici episodi” in cui le forze serbo-bosniache avevano aggredito o ucciso uomini fuori dalla “zona protetta”. Questa decisione potrebbe dar luogo a possibili risarcimenti, da parte del governo olandese, ai familiari di altre persone uccise nel genocidio. [GB]
Per approfondire:
Dossier dell’Osservatorio Balcani e Caucaso
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