Al tribunale per la ex jugoslavia missione compiuta

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Che bilancio si può tracciare? I processi sono stati sempre equi. Il Tribunale ha amministrato la giustizia nel modo più rigoroso ed imparziale. Certo, i processi sono stati lunghi e costosi, per due ragioni. Primo, si trattava di processare la “criminalità  organizzata”, non semplici reati di singoli individui: specialmente il genocidio e i crimini contro l’umanità  coinvolgono sempre non solo gli esecutori materiali ma anche interi apparati statali, soprattutto militari, e dunque la ricerca della verità  è difficile e complessa. Secondo, la raccolta delle prove non è facile come per i tribunali nazionali, che hanno a disposizione la polizia giudiziaria e possono agevolmente raccogliere testimonianze, prove documentali ecc. Il Tribunale dell’Aja ha dovuto sempre rivolgersi alle autorità  nazionali (serbe, croate, musulmane o dei paesi in altre parti del mondo in cui si erano rifugiati i testimoni), per avere prove soddisfacenti. Malgrado ciò, lo ribadisco, i processi sono stati giusti ed il Tribunale ha svolto un’opera meritoria, contrariamente alle cupe aspettative di tanti diplomatici nel 1993-94. Soprattutto, dopo i primi errori del primo procuratore, che incriminava i pesci piccoli, ci fu una svolta nel 1995. Quando il presidente del Tribunale gli chiese quante persone avrebbero potuto essere imputate per aver partecipato a crimini efferati, la risposta fu: circa 200.000. Il presidente lo esortò allora a concentrarsi sui leader, vista l’impossibilità  materiale di processare tutti. Da allora il Tribunale ha giustamente processato solo i vertici militari e politici, inclusi i capi di stato o di governo. Una sola macchia lede la buona immagine del Tribunale: il procuratore che subentrò nel 1999, di fronte alle accuse contro le forze della NATO per pretesi crimini di guerra commessi quell’anno contro cittadini serbi, non volle neanche iniziare le prime indagini, per accertare se quelle accuse avessero qualche fondamento. La giustizia del Tribunale è rimasta dunque una giustizia indirizzata solo contro i criminali dei paesi sconfitti.
Cosa succede ora? Il Tribunale deve chiudere i battenti nel 2014, per ragioni finanziarie. Ma resteranno ancora procedimenti pendenti, che secondo una decisione del Consiglio di sicurezza del 22 dicembre 2010 verranno affidati ad un “meccanismo giudiziale residuale”, composto di una “lista” di venticinque giudici che, quando chiamati in servizio, si occuperanno, tra l’altro, dell’esecuzione delle pene, dei ricorsi dei condannati, degli appelli, di eventuali procedimenti di revisione del Tribunale per l’ex Jugoslavia e di quello per il Ruanda.
Verranno creati altri tribunali ad hoc? Ne dubito, perché sono costosi e possono rivelarsi inutili, visto che ora esiste la Corte penale internazionale, anch’essa con sede all’Aja e potenzialmente universale. Un po’ alla volta –si spera-essa potrà  occuparsi di tutti i più gravi crimini commessi nel mondo e sui quali non si siano pronunciati i tribunali nazionali.
Resta il fatto che il Tribunale per l’ex Jugoslavia, il primo ad essere istituito dopo Norimberga, ha aperto la strada ad altri tribunali penali, e ha vigorosamente affermato i principi fondamentali della giustizia, creando, attraverso le sue regole processuali e le sue sentenze, una enorme mole di materiali che hanno agevolato l’istituzione dei successivi tribunali internazionali.


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