A Catania il colosso dei pannelli solari
CATANIA – E’ un viaggio lungo 300 metri. La lastra di vetro scuro e sottile, simile alla pelle di un grattacielo, viene sollevata con delicatezza da un robot e adagiata su un nastro che la porta fino al laser dove si disegnano le celle. Ancora qualche decina di metri e arriva al punto in cui il miracolo si compie: la materia si anima e diventa capace di catturare energia. Immobile per 4 ore, lasciata sotto vuoto a una temperatura di oltre 200 gradi, la lastra riceve l’idruro di silicio, la base che, opportunamente stimolata, crea la polarità elettrica. A questo punto il vetro è diventato uno strumento fotovoltaico capace di trasformare il sole in una forza docile che muove gli elettrodomestici e accende le lampadine. Comincia così, per altri 150 metri, il percorso di ritorno: arricchito d’argento per aumentare la capacità di conduzione, il pannello viene cablato e imballato, pronto per essere spedito su un tetto e regalare energia a chi abita la casa.
Di questi pannelli a film sottile dallo stabilimento di Catania, la più grande fabbrica fotovoltaica d’Italia e una delle maggiori d’Europa, ne escono 4.200 al giorno. Enel Green Power, STMicroelectronics e Sharp – i tre soci della società che ha debuttato ieri, la 3Sun – hanno condiviso un investimento nell’Etna Valley che vale 400 milioni di euro, dà lavoro a 280 persone, produce 160 megawatt l’anno (con la possibilità di triplicarli). E, soprattutto, apre una finestra strategica sul Mediterraneo, che è contemporaneamente una miniera di sole e un mercato in crescita.
«La produzione della fabbrica è destinata a dare una risposta alla domanda di energia che proviene dall’Europa, dal Medio Oriente e dall’Africa. Il fotovoltaico è una fonte che diventerà sempre più interessante: dal punto di vista del prezzo la grid parity, cioè la convenienza economica, per il consumatore arriverà entro 5 anni, anche prima se ci saranno salti tecnologici», spiega Francesco Starace, amministratore delegato di Enel Green Power: le sue stime del settore prevedono una crescita del mercato di 3-5 volte al 2015.
Su Catania punta molto anche la Sharp, gelosa del nuovo stabilimento al punto da tenere le telecamere dei giornalisti lontane dall’area del ciclo produttivo in cui avviene la deposizione dell’idruro di silicio, il brevetto che intende proteggere dall’occhio curioso della concorrenza. «L’Italia è il fulcro della strategia di espansione di Sharp nell’area euromediterranea per quanto riguarda il fotovoltaico», ha dichiarato il vicepresidente della compagnia nipponica, Toshishige Hamano, aggiungendo che «l’incidente di Fukushima ha dimostrato l’importanza delle energie rinnovabili in quanto ha portato la Germania, la Svizzera e l’Italia, tramite il referendum, ad abbandonare il nucleare».
Con il battesimo della fabbrica disegnata dall’architetto Alfonso Mercurio – due ali produttive e gli uffici a semicerchio, come un teatro greco rivolto verso l’Etna – la Sicilia, che già ospita la centrale pilota del solare termodinamico, si candida così a diventare un ponte energetico sul Mediterraneo. Il progetto è sostenuto dalla STMicroelectronics, il colosso della microelettronica che ha uno stabilimento a Catania, aperto nel 1961, in cui oggi lavorano 4 mila persone.
«Abbiamo cominciato a occuparci di questi temi quando non erano di moda. Abbiamo coniugato fonti rinnovabili e aumenti di efficienza aumentando i profitti mentre l’impatto ambientale scendeva», ricorda Carlo Bozotti, presidente di STMicroelectronics. «Dal 1995 ogni anno riduciamo del 5 per cento le emissioni di CO2 per unità prodotta. E con le nostre innovazioni contribuiamo a migliorare le smart grid, l’internet dell’energia, un sogno ormai a portata di mano».
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