Vincere, o perdere meglio che si può L’opposizione spera nei voti di destra
Alla sede del Nazareno, prima di attraversare la canicola del pomeriggio romano, il segretario ha visto gli ultimi sondaggi. «Il quorum è a portata di mano. Basta allungare la mano». Vuole rassicurare l’elettore, farcelo credere, lui che per primo aveva «visto» l’incredibile volata milanese di Pisapia. Dei dirigenti democratici, in pochi hanno ricevuto il «permesso» di farsi vedere in piazza. E solo quelli come Ignazio Marino (che infatti c’è), come Rosy Bindi (che invece è a Scanzano Jonico, la città -simbolo della lotta alle scorie nucleari), ovvero i referendari della prima ora. Neanche Bersani sarebbe fra questi, in teoria. Ma a un certo punto, prima delle amministrative, il leader ha deciso di posizionare il Pd a pancia sotto sui quattro sì e sulla lotta all’ultimo voto. Un azzardo, per l’uomo più cauto del mondo? «Su questi referendum non si può galleggiare a metà strada. Ha scelto da che parte stare», spiegano i suoi. Nel caso, se dio non voglia il quorum non arrivasse, poi però potrebbero arrivare le primarie. E il segretario non regala spazi a sinistra.
Ma questo è un discorso per il domani. Oggi c’è Antonio Di Pietro, due passi più in là , che invece sta proprio a casa sua. L’Idv ha raccolto le firme sui quesiti, prenotato la piazza e pagato buona parte del cachet (militante) degli artisti sul palco. Leva la giacca grigia, calza la maglietta gialla con quattro sì. Sul quorum «ci sentiamo come quelli che stanno per arrivare alla riva e quando qualcuno gli chiede se si sta per arrivare, rispondo: nuota, fratello, nuota». Per la spallata finale a Berlusconi? Macché: «È Berlusconi che vuole politicizzare i referendum, noi siamo contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua, per la legge uguale per tutti. E a fronte di un Berlusconi che invita i cittadini a disertare le urne, vedo un capo dello Stato che invita a fare il proprio dovere, vedo il Papa che sollecita al rispetto dell’ecologia per il bene del mondo intero». Poi i due, Bersani e Di Pietro si girano, si prendono in giro, si abbracciano e si fanno fotografare. «Uniti, uniti», grida un militante. Il radicale Mario Staderini, giovane ma già veterano di referendum, insiste sull’appello agli elettori di destra: «Se votano sì al quesito sul legittimo impedimento dimostrano a Berlusconi che una riforma della giustizia è una priorità ».
Invece quel pochissimo e frantumato di sinistra-sinistra che va a zonzo in piazza sostiene l’esatto opposto. «Diamogli un altro ceffone, dopo quello delle amministrative», Oliviero Diliberto, Federazione della sinistra. Sottinteso a Berlusconi. «Depoliticizzare è miope, mortifica la sinistra attratta proprio dalla valenza politica “liberatoria” del referendum», Marco Ferrando, Partito comunista dei lavoratori.
E così Nichi Vendola, che pure è in città perché a sera tiene un comizio alla festa della sua Sinistra ecologia libertà , brilla per assenza. Non gli è piaciuto il tira e molla fra partiti e comitati e si tiene alla larga da questo mezzo flop. «Con quattro sì faremo prevalere le ragioni della vita contro la morte, della tutela dell’ambiente e del creato» che neanche Benedetto XVI si era spinto a tanto.
Di rimettere insieme la politica se ne parlerà subito dopo. Comunque vada, sperando che vada. O altrimenti, spiega il verde Angelo Bonelli per verificare «la regolarità delle operazioni di voto degli italiani all’estero», visto che «abbiamo motivo di credere che i consolati italiani non li abbiano messo nelle condizioni di poter esercitare diritto di voto». Bonelli ha depositato un nuovo esposto in procura. Solo una valanga di sì può mettere in sicurezza il voto. E il paese.
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