Ucciso il giornalista nemico di Al Qaeda
Lo hanno trovato morto in un canale, sul viso segni visibili di torture, una ferita d’arma fuoco nello stomaco. Syed Saleem Shahzad era uno dei più noti giornalisti pachistani che si occupavano di terrorismo, autore di un recentissimo libro sui nuovi leader di Al Qaeda, conosciuto anche in Italia per le sue collaborazioni con la Stampa e con Aki (Adnkronos International). Era scomparso domenica sera ad Islamabad, rapito da sconosciuti mentre si recava negli studi della televisione Dunya per parlare del suo ultimo ‘scoop’ (i legami e i negoziati tra Al Qaeda ed alcuni ufficiali della Marina pachistana) pubblicato dall’Asian Times, il giornale online di Hong Kong di cui era capo dell’ufficio di corrispondenza.
«Il suo assassinio ricorda fin troppo altri omicidi di giornalisti uccisi da membri dell’intelligence pachistana». L’accusa lanciata pubblicamente da Ali Dayan Hasan (Human Rights Watch) investe direttamente l’Isi, i potenti servizi segreti del Pakistan, più volte sospettati (anche dalla Cia) di “proteggere” i terroristi. Ultimo esempio quello di Bin Laden e dei sette anni trascorsi tranquillamente dal capo di Al Qaeda in Pakistan. Un’accusa che viene ripetuta e ampliata da blog, giornali e tv pachistane, sintetizzata da un tweet di Mohammed Hanif, autore di bestseller e corripondente della Bbc: «C’è qualche giornalista qui che non crede siano stati i nostri servizi di intelligence?»
Secondo Human Rights Watch – che ha chiesto una «immediata e trasparente investigazione» – Shahzad era stato direttamente minacciato da agenti dell’Isi che lo avevano messo in guardia dal continuare a scrivere su determinati argomenti che avrebbero potuto «mettere in pericolo» la sua vita. Il giorno dopo il suo rapimento, Hasan (avvisato dalla moglie del giornalista) era riuscito a sapere da «interlocutori credibili» che Shahzad si trovava nelle mani di agenti dell’Isi.
La sua ultima inchiesta, pubblicata su Asian Times due giorni prima della sua scomparsa, aveva come argomento la battaglia che c’era stata il 22 maggio scorso nella base navale di Mehran a Karachi, attaccata da un commando di Al Qaeda per rappresaglia dopo l’arresto di due ufficiali della Marina, sospettati di legami con la rete terroristica. Battaglia durata 17 ore e che aveva provocato la morte di dieci soldati pachistani. Secondo quanto scritto da Shahzad Al Qaeda aveva trattato, segretamente ma direttamente, con i vertici militari per far rilasciare i due arrestati, inoltre il giornalista pachistano rivelava l’esistenza all’interno degli ufficiali della Marina di un vero e proprio nucleo operativo di Al Qaeda.
Il cadavere del giornalista è stato trovato in una cittadina del Punjab, Salai Alamgir, distante oltre cento chilometri da Islamabad. Sulla sua auto – che era a diverse miglia di distanza da dove è stato trovato il corpo – la polizia avrebbe trovato, stando alle prime e un po’ confuse ricostruzioni, «materiale interessante» e la carta d’identità di un altro uomo. Nel suo ultimo libro, (Inside Al Qaida and the Taliban: Beyond Bin Laden and 9/11, Pluto Press UK), Shahzad racconta la nuova generazione di leader di Al Qaeda, attraverso documenti di prima mano e di numerose interviste con gli stessi terroristi, da lui incontrati negli ultimi anni. Compresi Sirajuddin Haqqani, il potente capo dei talebani pachistani e Ilyas Kashmiri, considerato come un possibile erede ai Bin Laden.
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