Tunisia, recuperati 26 corpi del naufragio “Ma gli altri 200 sono stati trascinati via”

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ROMA – Il vento non soffia più sul golfo di Gabes e il mare comincia a restituire i corpi dei clandestini morti martedì scorso nel naufragio del battello a largo dell’isola di Kerkennah. Ne sono stati recuperati 26.

Si sta avverando lo scenario delineato dal tenente colonnello Tahar Landoulsi, comandante della guardia costiera di Sfax, che coordina le ricerche e che, subito dopo il naufragio del barcone partito sabato dalla Libia, aveva approntato il dispositivo di recupero, allertando tutti i mezzi sotto il suo comando, costretti però a rimanere in banchina per il mare grosso. Adesso l’ufficiale è pessimista sull’eventualità  che altri corpi possano essere recuperati a breve. Le forti correnti marine, ha detto, potrebbero averli già  spinti ad oltre venti chilometri dal punto del naufragio.
È sulla banchina del porto di Sfax riservata alla Garde marictime che i cadaveri dei clandestini, annegati in poco più di due metri d’acqua, sono stati adagiati. Poi sono stati trasferiti, a bordo di ambulanze, nel centro di medicina legale dell’ospedale universitario di Sfax e in altri presidi ospedalieri delle città  che si affacciano sul golfo di Gabes. La più nota è Sousse. I dispersi dovrebbero essere non meno di 200, forse 270, su un totale di più di 800 che avrebbero preso posto sul barcone, a detta degli stessi migranti. Sarebbero morti quando, spostandosi per non avere compreso le indicazioni dei militari tunisini, hanno provocato il capovolgimento dell’imbarcazione, finendo in mare.
Sono già  in vigore i protocolli di identificazione dei 26 corpi: esami di routine, rilievo – se possibile – delle impronte digitali, si scatteranno foto e si preleveranno campioni organici per procedere all’esame del Dna.
Le nuove ricerche sono scattate all’alba di ieri, poco dopo le 5 ora tunisina (una in meno rispetto all’Italia) e sono proseguite freneticamente fino al sopraggiungere dell’oscurità . Si voleva scongiurare che un improvviso ritorno alle condizioni meteo dei giorni scorsi impedisse alla piccola flotta di motovedette di riprendere il mare e di controllare le circa 40 miglia che separano l’isola Kerkennah – a poca distanza dalla quale è avvenuto il naufragio – dalla costa. Le ricerche proseguiranno ma restano ancora da decidere l’opportunità  e, quindi, tempi e modi di intervento sul barcone affondato, che si è adagiato con la chiglia in su, su un fondale sabbioso.

 


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