Tunisia, barcone a picco Recuperati 150 corpi

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“Fino ad ora 150 corpi di profughi sono stati trovati al largo delle coste di Kerkennah”, ha dichiarato Carole Laleve, dirigente dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. “Le operazioni di ricerca continuano”, ha aggiunto. Il barcone è naufragato la notte fra martedì e mercoledì a una ventina di chilometri dall’isola tunisina, con a bordo per lo più profughi libici in fuga dalla guerra, ed probabilmente diretto in Italia. La guardia costiera tunisina ha salvato circa 570 persone ma fra le 200 e le 270 persone sono disperse. La Croce Rossa da parte sua afferma che i corpi recuperati sono 123 e sono stati trasportati all’obitorio di Sfax.

A PICCO BARCONE VERSO ITALIA –  Quando il motore della “carretta” che avrebbe dovuto portarli in Italia li ha traditi e si sono visti in balia del mare grosso, sono stati preda del panico che li ha portati a spostarsi tutti insieme verso una fiancata e, quindi, a fare capovolgere la barca intorno alla quale c’erano i “gommoni” dei soccorritori. Molti di loro sono finiti in mare, molti di loro non ce l’hanno fatta. Le stime ufficiali delle autorità  tunisine parlano di un numero di dispersi tra 200 e 270, basandosi sulle parole di chi è sopravvissuto. Una risposta, purtroppo per difetto, verrà  nei prossimi giorni, quando – così come accaduto in aprile: in un solo giorno 27 corpi di clandestini annegati finirono sulla spiagge dell’isola di Kerkennah – il gioco delle correnti porterà  verso terra i cadaveri. A bordo della nave c’erano circa 800 persone, in massima parte sub-sahariani, ma anche asiatici, partiti dalla Libia. Per la loro la meta era l’Italia.

A dettare i tempi di questa nuova tragedia nel mare di Tunisia è stata una concomitanza di circostanze avverse. Dapprima il motore in panne. Poi il mare grosso, spazzato da un forte vento di maestrale che ha soffiato sino a giovedi’. Quindi il punto in cui la nave s’é fermata, con le acque basse che hanno impedito alle unità  della Guardia costiera e dell’Esercito tunisino di avvicinarsi per portare soccorso. Forse anche il numero insufficiente di mezzi andati in aiuto della nave, una volta raccolto l’allarme. Poi il terrore, che ha aggredito i clandestini quando hanno visto che le operazioni di trasbordo si stavano allungando perché, non potendo i mezzi più grossi accostare, a fare la spola erano solo degli “Zodiac”. Ma con il mare a rendere difficili le operazioni di soccorso in molti hanno perso la testa e hanno cercato di salire a bordo dei gommoni anche quando i marinai tunisini – che hanno dato, come sempre, la precedenza i bambini e donne in difficoltà  – hanno cercato di convincerli ad aspettare il loro turno. E’ stato l’inizio del dramma perché lo spostamento repentino dei clandestini verso una delle fiancate ha capovolto il natante e molti migranti sono spariti in acqua. Per i marinai tunisini è stata una corsa contro il tempo per cercare di salvarli. La maggior parte dei clandestini – 578, dicono le autorità  tunisine – sono stati soccorsi e portati sulla terraferma, prima di essere distribuiti nei campi alla frontiera con la Libia; due invece i morti dopo il salvataggio. Due donne in stato interessante sono in ospedale. Se l’esperienza insegna qualcosa, tra qualche giorno le correnti porteranno dei cadaveri prima sulle spiagge dell’isola di Kerkennah (al centro del golfo di Gabes) e poi a riva. Per loro l’ultima meta non sarà  l’Italia, ma la morgue del policlinico di Sfax dove si cercherà  di dare loro un nome e, quindi, una sepoltura, nel nome di un dio che forse li ha dimenticati.


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