Tremonti: prudenza sulle tasse Maroni: devastante tirare a campare

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SANTA MARGHERITA LIGURE – La giornata era cominciata in grande stile per Giulio Tremonti, invitato dai giovani industriali al loro summit. Ha parlato per oltre un’ora a braccio, con toni da premier, grintoso e volitivo, permettendosi addirittura qualche battuta («Ho visto il rottamatore Renzi e sono scappato a nascondermi») e rispondendo infine all’esortazione di Emma Marcegaglia ad «abbassare le tasse a carico delle imprese che tengono in piedi l’Italia» con la promessa: «La riforma fiscale? Si può fare, o almeno cominciare a pensarci partendo dall’Iva». Intervenire sull’Iva, ha precisato, «è delicato perché bisogna considerare i rischi di inflazione, la debolezza della domanda, la propensione ai consumi che già  è così scarsa e non va frustrata. Però, parliamone». E’ tanto? E’ poco? E’ pochissimo per i falchi della maggioranza, anche perché Tremonti ha pensato bene di chiarire che «quello che non si può assolutamente fare è una manovra che aggravi il deficit perché la crisi non è finita e occorre muoversi con prudenza».
Apriti cielo: «Ma quale prudenza? Ci vuole il coraggio di mettere in campo una significativa riforma», ha tuonato Roberto Maroni, proprio uno degli esponenti di maggioranza accreditati di un maggior feeling con Tremonti. «Il governo non è solo un ragioniere che deve tenere i conti in ordine perché altrimenti qualche burocrate di Bruxelles viene con il ditino alzato», ha aggiunto il ministro dell’Interno. Poi ha rincarato la dose: «Abbiamo preso uno sberlone, fa male ma serve a risvegliarci mentre è devastante per il governo tirare a campare. La maggioranza? Vedremo se ci sarà  il 22 giugno: quel giorno mi auguro che Berlusconi dica alla Camera cosa vuole fare il governo entro i prossimi due anni, se ci sarà  la frustata». E al premier ha chiesto anche di impegnarsi a dire in Parlamento quando finirà  la presenza italiana in Libia. Quindi è tornato sulle tasse: «Occorre intervenire subito per dare un aiuto a chi diminuisce il proprio reddito. E questo si può fare con l’unico strumento importante che è rimasto nelle disponibilità  dei governi: il fisco».
Una visione con la quale peraltro, con tutt’altri toni, si era detto indirettamente d’accordo il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, sempre qui a Santa Margherita: «Alleggerire l’onere fiscale sui lavoratori e sulle imprese darebbe un contributo di stimolo alla crescita, ma a una condizione: che si prosegua di pari passo nel recupero dell’evasione». Di evasione ha parlato anche Tremonti, definendola «una enorme valvola di risorse da sfruttare». Anche sulle rendite finanziarie, per la prima volta il ministro ha dato l’impressione di considerarle un problema aperto: «Bisognerà  in qualche modo intervenire sugli assetti finanziari, ma non possiamo in nessun caso toccare i risparmi delle famiglie né la prima casa».
Tutto questo, ha insistito Tremonti, va visto alla luce delle perduranti difficoltà  internazionali. Dopo aver strappato un mormorio d’intesa dicendo (chissà  se si riferiva a Berlusconi o all’Economist) «di non essere affatto d’accordo con chi parla male dell’Italia all’estero», il ministro ha ribadito che «i fattori che hanno causato la crisi sono pari pari fra di noi dopo quattro anni di sofferenze. La massa dei derivati è ancora qui, le regole per la finanza sono state una presa in giro su scala globale». Ma sull’Italia Tremonti non ha rinunciato a difendersi dall’accusa di fondo: «Tagli orizzontali? Ma avete visto quanti interventi sugli ammortizzatori sociali, e se non sono asimmetrici questi…».

 


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