by Editore | 6 Giugno 2011 7:01
ROMA – «È un crimine. Un traffico di essere umani che va stroncato». Sono duecento, e forse molti di più i morti ancora da recuperare. Imprigionati nel barcone affondato al largo della Tunisia, e mai arrivato a Lampedusa. Di fronte alla strage di Sfax, quello che Giorgio Napolitano lancia, più che un appello, è un vero e proprio grido di accusa e di dolore attraverso una lettera che il capo dello Stato ha inviato al Corriere della sera, in risposta a un articolo di Claudio Magris contro l’indifferenza. Per mettere tutti in guardia dall’assuefazione, pure di fronte a tragedie spaventose come queste, o peggio ancora dal pericolo di scivolare nell’indifferenza: «È un rischio da scongiurare. È una soglia che non può, non deve essere varcata» ammonisce il presidente della Repubblica. E per questo «occorre reagire moralmente e politicamente».
Ma Napolitano prende di mira con parole sdegnate, durissime, scafisti e organizzatori della tratta dei disperati del Mediterraneo. Compiono «un crimine», si rendono responsabili di «un traffico di esseri umani che va stroncato», lucrano su «viaggi della morte ben più che viaggi della speranza». Il presidente della Repubblica sollecita perciò la comunità internazionale, e anzitutto l’Unione Europa, ad usare la mano dura per fermare la catena di morte nel canale di Sicilia e chiede loro, al contempo, «di aprirsi, regolandola, all’accoglienza». E dall’Idv alla Boniver, arriva il consenso delle forze politiche.
Nell’articolo, Magris aveva denunciato un clima quasi di routine che ormai sembra accompagnare (anche sui giornali) il susseguirsi di naufragi delle carrette cariche di immigrati. «Lei ha spiegato con crudezza – si legge nella lettera di Napolitano, anticipata dal sito del Quirinale – come miseria della condizione umana l’acconciarsi a convivere con quella che diviene orribile “cronaca consueta”. Ma se in qualche modo è istintiva l’assuefazione, è fatale anche che essa induca all’indifferenza? A me pare sia questa la soglia che non può e non deve essere varcata». Bisogna reagire perciò, da un punto di vista sia morale che politico, «oggi e in concreto, rispetto all’odissea dei profughi africani in Libia, o di quella parte di essi che cerca di raggiungere le coste siciliane come porta della ricca – e accogliente? – Europa».
Parole piene di amarezza che pure arrivano in un giorno di festa per l’Italia, con una folla di 20 mila cittadini in visita nei giardini del Quirinale. Il presidente ne ha incontrati alcuni, un breve saluto. «Dobbiamo essere più uniti e operosi – ha esortato – per garantire un futuro degno della nostra storia». Ma sul traffico dei “nuovi schiavi” nel Mediterraneo, la condanna senza appello. Contro chi quotidianamente organizza le partenze dalla Libia, «su vecchie imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di uomini, donne, bambini». E la comunità internazionale, la Ue «non possono restare inerti». È il «dovere della democrazia».
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