by Editore | 1 Giugno 2011 7:27
ROMA – «Giù le tasse prima dell’epilogo della legislatura», ha detto la Confindustria. «Ridurre le aliquote ai lavoratori», ha tuonato Mario Draghi. Un pressing crescente sul ministro dell’Economia, culminato ieri con la stoccata di Berlusconi. Ma Giulio Tremonti un piano ce l’ha e ora è pronto a rompere gli indugi. È il massimo che un Paese indebitato come l’Italia può fare, a suo giudizio, per alleggerire il peso delle tasse. Oltre non si può andare se non si vogliono scassare i conti pubblici.
I lavori dei quattro tavoli tecnici sulla riforma fiscale, partiti in sordina da qualche mese, sono giunti al termine e il 7 giugno ci sarà la riunione plenaria per esaminare preliminarmente i risultati. Il ministro si è affidato prudentemente a coordinatori bipartisan: i quattro tavoli li guidano Vieri Ceriani (Bankitalia, già collaboratore di Vincenzo Visco); Giarda, l’uomo dei numeri di Ciampi; Mauro Marè, che ha scritto un libro con Giuliano Amato e Enrico Giovannini, presidente dell’Istat e proveniente dall’Ocse.
La sintesi politica del loro lavoro, che dovrebbe essere il nocciolo della riforma, è già filtrata nelle grandi linee. Come pure il crono-itinerario che prevede il varo di un disegno di legge delega prima dell’estate, l’approvazione in autunno e poi – sul modello della legge sul federalismo – una serie di decreti delegati nel corso della prima metà del 2012 con l’obiettivo di portare a regime la riforma nel 2013, fine legislatura.
La filosofia è quella tremontista, tant’è che sul sito del Tesoro figura da qualche tempo la riproduzione anastatica del «Libro bianco» del 1994. Parola d’ordine «dalle persone alle cose». E proprio questa sarà la prima mossa della legge delega che, stando alle indiscrezioni, dovrebbe realizzare il miracolo di una riforma fiscale a «costo zero». L’obiettivo sembra quello di ridurre di 1 o 2 punti le prime due aliquote Irpef (oggi al 23 per cento sotto i 15 mila euro e al 27 fino a 28 mila euro). Dove si troveranno le risorse? Appunto, aumentando le tasse sulle cose: l’Iva dovrebbe crescere di 1 o 2 punti dall’attuale livello del 20 per cento per i beni di consumo, restare ferma al 4 per i beni di prima necessità e salire in tutte quelle aliquote intermedie (come l’edilizia) che beneficiano di trattamenti agevolati. Un capitolo a parte sarà dedicato alle accise, cioè le imposte di fabbricazione, sui prodotti energetici che con la riforma federale – in modo assai discreto – sono passate da Comuni, Province e Regioni, allo Stato centrale e potranno essere manovrate a piacimento.
L’altra grande opzione è quella del quoziente familiare. Berlusconi da quando gli è stato proposto dagli esperti di fisco di matrice cattolica non manca occasione per perorarne la causa. Permettere di dividere il reddito familiare per il numero dei componenti e di abbattere l’imponibile, favorisce le famiglie numerose e rende meno conveniente il lavoro della donna. Costa molto (almeno 10 miliardi) ma nella laica Francia ha dimostrato di funzionare. Dove trovare le risorse? L’idea è quella di compensare le nuove spese sfoltendo le varie detrazioni e deduzioni sui carichi familiari oggi in vigore.
Infine le imprese. Il piano prevede che le risorse ottenute dalla lotta all’evasione siano destinate alla riduzione della tassazione sulle imprese. Nel mirino c’è l’Irap con l’eliminazione dall’imponibile del costo del lavoro.
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