Storico sorpasso in America Bimbi bianchi in minoranza

by Editore | 25 Giugno 2011 8:57

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NEW YORK — In un futuro non lontano gli Stati Uniti assomiglieranno più al Messico dei campesinos che all’Inghilterra dei padri fondatori. Per la prima volta nella storia, più di metà  dei bambini americani sotto i due anni non sono bianchi ma appartengono a «minoranze» etniche (soprattutto ispaniche e asiatiche) destinate tra qualche decennio a diventare maggioranza. Con implicazioni profonde a livello politico, sociale e culturale, in un Paese dove gli over 45 sono per la stragrande maggioranza bianchi. Da un’analisi preliminare dei dati dell’ultimo censimento Usa relativo al 2010, che verranno resi noti al pubblico tra qualche settimana, emerge lo storico sorpasso delle baby minoranze sugli under 2 bianchi. Scesi di 4,3 milioni — circa il 10%— nell’ultimo decennio, mentre il numero di bambini non bianchi è cresciuto di 5,5 milioni, circa il 22%; i bambini ispanici, da soli, sono aumentati di 4,8 milioni. Per quanto graduale, il trend è culminato negli ultimi 12 mesi: nel censimento del 2009 i bambini bianchi sotto i 2 anni erano infatti ancora il 51%del totale. Una crescita che Kenneth Johnson, docente di sociologia e demografo dell’University of New Hampshire, attribuisce «all’alto tasso di natalità  tra le donne ispaniche» , accompagnato dal «crollo di maternità  tra le americane bianche» . Oggi i bambini under 5 cosiddetti «etnici» costituiscono la maggioranza in ben 12 Stati, più il Distretto di Columbia, (contro sei stati nel 2000): Hawaii, California, New Mexico, Texas, Arizona, Nevada, Florida, Maryland, Georgia, New Jersey, New York e Mississippi. Con l’attuale tenore di crescita, 7 altri Stati si aggiungeranno alla lista nel prossimo decennio: Illinois, North Carolina, Virginia, Colorado, Connecticut, South Carolina e Delaware. E così mentre la popolazione di bambini bianchi crolla in ben 46 Stati e in 86 tra le 100 aree urbane più grandi degli Stati Uniti, i bianchi rappresentano l’ 80%degli americani over 65 e il 73%di quelli tra i 45 e i 64 anni. Un divario potenzialmente esplosivo, se si pensa che molti Stati con percentuali elevate di anziani, come Florida, Arizona, Nevada, California e Texas, sono anche quelli dove il baby-boom ispanico è più alto. Non c’è quindi da stupirsi se, prima ancora di essere pubblicato, lo studio — che rivela anche il boom di convivenze gay e il crollo dei matrimoni — abbia già  scatenato un acceso dibattito in un Paese costretto a fare i conti con un terremoto demografico che i politici di entrambi i partiti non possono ignorare, alla vigilia di importanti battaglie congressuali sul futuro dell’immigrazione, della riforma sanitaria e scolastica e di servizi statali come Medicare e Medicaid. «La minoranza sarà  presto maggioranza anche nel mercato del lavoro» , mette in guardia William H. Frey, demografo della Brookings Institution, che ha analizzato in anteprima i dati. «La sfida, per il nostro Paese, sarà  adesso quella di integrare ed educare in maniera adeguata queste nuove popolazioni di giovani non bianchi» . Il contrario, insomma, di quanto sta accadendo in molti Stati repubblicani del sud, quelli a più alto tasso di migrazione, decisi a invertire le lancette della storia, costi quel che costi. Dopo le rigide misure anti immigrazione varate in Georgia, Arizona e South Carolina, questo mese l’Alabama è diventata l’ultimo Stato a ratificare un pacchetto di leggi anti-immigrati, che tra le altre cose obbliga le scuole a denunciare alle autorità  gli studenti illegali. Quella che a sud ha assunto i contorni di una vera e propria «caccia alle streghe ispaniche» negli Stati più liberal del Nordest non ha attecchito. I governatori di Stati ad alto tasso di immigrati come Massachusetts, New York e Illinois, si sono dissociati dal programma federale Secure Communities volto a deportare pericolosi criminali, perché a loro giudizio scoraggia gli immigrati clandestini dal denunciare reati alla polizia per paura di essere a loro volta arrestati e deportati. Contro la nuova famiglia americana si è levato anche l’anatema dei leader conservatori come Tony Perkins, presidente della lobby di destra del Washington Family Research Council, secondo il quale «Il declino della famiglia tradizionale dovrà  fermarsi, se l’America vuole continuare ad esistere come società  civile» . 

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